Vive in un container da 23 anni. L’appello di una vittima del terremoto del 1980

«Sbloccate i soldi che mi spettano per la ricostruzione o assegnatemi una casa popolare, non voglio morire qui dentro». È il disperato appello di Ernestina Cristiano, 69 anni e vedova da cinque, che dal 1987 vive in un container perché la sua abitazione fu danneggiata dal terremoto del 1980 in Irpinia. La sua vecchia casa di Sant’Angelo a Scala, in provincia di Avellino, fu dichiarata inagibile dopo il crollo di due solai.

Oggi, a distanza di 23 anni, Ernestina è ancora vittima della burocrazia. La legge 219 per la ricostruzione, infatti, prevede che il contributo dello Stato sia concesso solo a chi ricostruisce ex novo. Nel 1995 la donna ha ricevuto un contributo pari a 18 milioni di lire, di cui non ha potuto beneficiare in quanto le erano necessari altri 80 per poter riedificare l’abitazione da capo. «Adesso servirebbero 50 mila euro, dove li prendo?», domanda la signora, che vive con una pensione di 500 euro mensili e non ha figli. Ernestina rischia di non poter usufruire più del contributo per decadenza dei termini.

Nel container l’acqua è arrivata solo da qualche anno, ma è sprovvisto di doccia e solo d’estate la signora può utilizzarne una situata all’esterno dell’abitazione. Fino a pochi anni fa si riforniva di acqua presso la fontana del paese.

In suo favore si è mobilitato padre Vitaliano Della Sala, il prete vicino ai movimenti no global, che aveva la sua parrocchia proprio a Sant’Angelo. Il sacerdote è pronto a promuovere una colletta per poter garantire alla donna una collocazione più dignitosa della costruzione in lamiera in cui vive, composta da due stanzette con lavandino, esposta ai rigori dell’inverno. «Qui d’inverno fa molto freddo», afferma Ernestina nel suo accorato appello, «e d’estate non si respira. Mi basta una casetta in legno pur di non morire qua dentro in condizioni igieniche approssimative. Al Comune mi hanno detto che ci sono gli alloggi popolari, ma la loro costruzione è ferma da quindici anni. E non ho nessuna voglia di lasciare Sant’Angelo, voglio stare qua. Il mio è un caso umano», conclude  la donna, «e non credo sia giusto guardare alla burocrazia per poche migliaia di euro».

*Scuola di Giornalismo Luiss

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Sandro