URBINO – E’ cominciata a Urbino l’udienza preliminare per l’omicidio del diciassettenne Ismaele Lulli, trovato con la gola tagliata in un boschetto di Sant’Angelo in Vado il 19 luglio 2015. Urla e insulti sono volati all’indirizzo dei due imputati Igli Mema, 21enne di Durazzo, reo confesso e Marjo Mema, di 20 anni, quando sono scesi dai cellulari della polizia penitenziaria per entrare nel Tribunale di Urbino.
Tribunale che è completamente off limits ai giornalisti, i quali attendono in strada gli sviluppi dell’udienza davanti al gup Vito Savino. Meta, che ha confessato di avere ucciso Ismaele per gelosia, è difeso da Salvatore Asole e Franco Taormina. Mema da Umberto Levi. L’accusa è rappresentata dal pm Irene Lilliu.
Il corpo di Ismaele, studente dell’istituto alberghiero di Piobbico, assente da casa dalla sera prima, era stato rinvenuto da un passante in località San Martino in Selva Nera, nei pressi di una chiesetta sconsacrata e di una grande croce in metallo. Nel giro di un giorno i carabinieri avevano arrestato i due giovani albanesi Igli Meta, originario di Durazzo, ma residente a Urbania, e Marjo Mema, residente a Sant’Angelo in Vado.
Passionale il movente dell’omicidio, legato ad un flirt di Ismaele con una ragazza, Ambera, entrata nell’inchiesta solo come testimone, di cui Igli era innamorato e con cui aveva un rapporto intenso e complesso. Gli investigatori hanno ricostruito la vicenda analizzando i profili Facebook e Twitter di tutti i protagonisti e anche di loro amici e conoscenti. Ismaele – secondo la ricostruzione dei carabinieri – sarebbe stato attirato in una trappola: avrebbe incontrato i due alla fermata dell’autobus e si sarebbe lasciato convincere a seguirli per un giro in auto, ma anche per un chiarimento. Chiarimento, però culminato nell’aggressione da parte di Igli, che ha praticamente confessato subito dopo il fermo mentre Marjo avrebbe avuto un ruolo più defilato.
Dopo l’omicidio, i due hanno anche inviato un sms alla madre di Ismaele, annunciando l’intenzione del ragazzo di “andare a Milano” e “cambiare vita”. Un tentativo di depistaggio maldestro, che ha portato definitivamente gli investigatori sulle loro tracce e aggravato la loro posizione.