L’Italia “Bel Paese”? solo il 38 per cento degli italiani si sente di definirla come un Paese in cui si vive bene, e di questi la maggior parte vive al Nord. Ma nella nazione di Dante il senso identitario è comunque molto elevato (83 per cento degli intervistati) sebbene talvolta il senso di appartenenza comunale superi quello nazionale. Anche le celebrazioni per i 150 anni dall’Unità vengono apprezzate e considerate utili.
Questi almeno sono alcuni dei risultati della ricerca sulla identità nazionale degli italiani promossa da Seat Pg e realizzata dall’Ispo di Renato Mannheimer, presentata oggi a Roma, al Vittoriano, insieme al concorso fotografico nazionale ‘Passione Italia’.
Le sorprese non mancano: quando si tratta di identificare l’Italia con un simbolo, racconta Mannheimer, la maggioranza degli italiani pensa alla cucina, seguita però dalle città d’arte, dalle opere artistiche e dai grandi monumenti.
Così come a scatenare l’orgoglio dell’italianità, più che una vincita ai mondiali di calcio è il Nobel conferito ad un connazionale.
Quanto ai difetti, il più citato è la mancanza di senso civico, mentre il pregio più ricordato è l’ospitalità. Accanto ad un 69 per cento che quando pensa all’Italia prova orgoglio e senso di appartenenza, c’è una minoranzan quarto del totale, per l’esattezza, che di essere italiano si vergogna.
La metà degli intervistati dice di provare imbarazzo per alcuni aspetti dell’Italia: innanzitutto per i politici e i partiti, seguiti dalla disonestà e dal malcostume diffusi, e quindi dal governo e dal presidente del Consiglio.
Sulla qualità della vita, le opinioni sono varie: c’è un 38 per cento che la ritiene buona (49 per cento al nord, 40 per cento al centro, 23 per cento al sud ed isole) contro un 26 per cento che dice di vivere male (17 per cento al nord, 30 al centro, 34 al sud) e un buon 36 per cento che risponde ‘né bene né male’ (34 per cento nord; 30 al centro; 43 al sud).
Il “dato che più colpisce” è il divario che appare nelle risposte tra Nord e Sud, commenta Antonio Saitta, presidente della provincia di Torino, tra gli ospiti della tavola rotonda moderata al Vittoriano da Bruno Vespa.
I dati però confermano sostanzialmente un’altra indagine fatta ai tempi dell’introduzione dell’euro, nota Paolo Peluffo, consulente del presidente del Consiglio per le celebrazioni dei 150 anni. Il disagio emerso, sottolinea Peluffo, è probabilmente legato alla difficile congiuntura economica.
Dal sottosegretario Carlo Giovanardi una battuta sull’apparente contrasto tra il senso nazionale e quello comunale dell’appartenenza. “È la storia d’Italia che è fatta così, prima della nazione ci sono stati mille anni di municipalità “, dice.
Una complessità, quella dell’Italia e dei suoi comuni, che va ricordata, secondo Giovanardi, anche per le celebrazioni: “Sono un appassionato dell’Italia unita – dice – bisogna ricordare però che questa parte nel 1861 ma tutti quelli che prima si esprimevano, nelle due Sicilie nel ducato di Modena a Parma, erano italiani. E mentre non si discute l’Unità d’Italia, il modo con il quale si è arrivati all’Unità può essere discusso, anche per far conoscere ai giovani la complessità di questa storia”.
Per il sottosegretario “bisogna valorizzare ed esaltare questa diversità perché non diventi, invece, contrapposizione”. L’Ad di Seat Pg Alberto Cappellini ricorda che anche Seat, con il suo lavoro ed i suoi servizi “ha contribuito a ridurre le distanze sociali e geografiche dell’Italia”, in fondo, dice, l’elenco telefonico è stato “il primo vero social network della storia d’Italia”.