ROMA – Ogni anno i cinesi che lavorano in Italia spediscono a casa -ufficialmente- 1,7 miliardi. Solo quelli residenti a Roma mandano una media di 78 mila euro a testa, con un totale annuo di rimesse che sfiora i 900 milioni di euro.
Lavorano in Italia, mantengono la famiglia in Cina: ognuno di loro ha sul groppone tre cinesi in patria e con tutti i soldi che partono dal nostro Paese si potrebbe sostenere più o meno mezzo milione di persone in Oriente, almeno stando ai dati snocciolati da Money Gram International.
Con l’ultima manovra però il limite massimo dei flussi di denaro in trasferta è stato dimezzato a mille euro a settimana. Tutto il resto è sommerso, a nero. Attraverso il money transfer ufficiale si spostano i soldi da un Paese all’altro, attraverso un circuito alternativo alle banche.
Nel 2010 la Cina è stato il primo paese di destinazione delle rimesse dall’Italia, circa il 28% del totale delle transazioni in uscita.
Con l’omicidio di Zhou Zheng e della piccola Joy di soli 6 mesi durante una tentata rapina a Roma, i money transfer sono stati illuminati dai riflettori della cronaca e non solo. Quel mare di contanti spesso anche frutto di attività illecite che parte dall’Italia e arriva fino in Cina è ora sorvegliato speciale.
Mentre il Fisco ha sguinzagliato una task force di 80 ispettori a Cortina per smascherare i poveri con il Suv a Capodanno, c’è un traffico di denaro quotidiano e sistematico che sfugge spesso ai controlli.
Se il governo ha posto un tetto, c’è chi ha trovato gli escamotage per aggirare la regola. Funziona così: c’è un “collettore” che spedisce denaro anche per chi non ha il permesso di soggiorno o per chi nasconde un’altra attività (contraffazione, sfruttamento della prostituzione, etc) e ha bisogno di mandare i soldi in Cina. Una volta che i soldi sono stati raccolti, spiega il generale Leandro Cuzzocrea, “basta un operatore compiacente che fa tutte transazioni sotto la soglia stabilita dalla legge, di 1000 euro a settimana, ma attribuendola a nomi di fantasia”.
Collettore, dunque: forse era proprio questo il ruolo che aveva Zhou Zheng e i suoi assassini lo sapevano. Zhou aveva un tesoro in contanti, lo stava portando a casa -separato dall’incasso del bar- quando i due sicari lo hanno aggredito. La moglie Lia, che era al suo fianco, aveva in borsa diecimila euro, tutti in contanti anche quelli. Nella loro attività , come in quelle di quasi tutti i loro connazionali, non c’era valuta elettronica, ma solo mazzetti di banconote da inviare a casa.
I cinesi maneggiano solo denaro, tanto denaro e i loro killer lo sapevano: la chiave dell’omicidio è stata il money transfer. Ma se ogni anno gli stranieri residenti in Italia dichiarano al Fisco 37 miliardi di euro, la ricchezza reale che producono varca i nostri confini, scompare dall’Italia e probabilmente ci indebolisce: centinaia di migliaia di euro ogni mese fuggono dai controlli fiscali e dalla nostra economia, attraverso quei signori che si presentano0 allo sportello ed estraggono mazzetti di banconote e fotocopie di passaporti. E tutto questo fiume di soldi scorre praticamente incontrollato.
