Consiglio di Stato: fare il pane resta un'attività agricola (Ansa)
La guerra del pane. Quella di panificare resta “attività agricola”. Definita la distinzione tra fare il pane nelle imprese agricole e produrlo invece nelle imprese commerciali con l’applicazione di un diverso regime fiscale.
A togliere ogni dubbio, alla vigilia della Giornata mondiale del pane del 16 ottobre, è la sentenza del Consiglio di Stato che ha accolto l’appello di Cia-Agricoltori Italiani, annullando il verdetto del Tar del Lazio che aveva escluso dalle attività agricole connesse proprio la “produzione di prodotti di panetteria freschi” e la “produzione di pane”.
Fare il pane rientra quindi tra le attività agricole e deve avere lo stesso regime fiscale dedicato che prevede l’applicazione di una tassazione forfettaria. In pratica per le attività contenute in un elenco ufficiale aggiornato dal ministero dell’Economia, l’Irpef si calcola sul 25% dei ricavi registrati ai fini Iva, Iva che viene versata all’Erario pari al 50% delle operazioni fatturate.
Una sentenza che riapre il contenzioso con gli Assopanificatori che denunciano la perpetuazione della disparità di trattamento fiscale tra imprenditori. Ripercorrendo l’iter giudiziario, i giudici amministrativi avevano accolto un ricorso di Fippa, la Federazione italiana panificatori e affini annullando due Regolamenti ministeriali del 2010 e 2011 che inserivano la produzione di pane tra le attività connesse a quella agricola; un’esclusione che determinava l’applicazione del più gravoso regime di tassazione stabilito per le attività commerciali e non più quello riservato agli agricoltori.
Secondo Cia, “questa sentenza mette al riparo i panificatori agricoli dalla possibilità che l’Agenzia delle Entrate possa agire nei loro confronti per il periodo di vigenza dei precedenti Regolamenti; questo chiarendo definitivamente che si tratta di una categoria distinta e non equiparabile dal punto di vista fiscale, a quella dei panificatori commerciali”.
Secondo Fiesa Assopanificatori Confesercenti, “quando si fa la stessa impresa e lo stesso lavoro le regole devono essere uguali per tutti, altrimenti si introduce un privilegio fiscale a favore di alcuni a danno di altri”, rilevando anche “con rammarico il mancato apprezzamento della forte dose di concorrenza sleale che si conferma nell’ordinamento italiano”.
Tutto questo mentre il caro bollette continua a pesare sul mondo dell’arte bianca, essendo un prodotto fortemente energivoro. Da qui l’appello di Aibi, l’Associazione Italiana bakery ingredient, affinchè filiera e istituzioni siano uniti per frenare gli aumenti e garantire sempre un buon prodotto ai consumatori. Un mercato, ricorda Aibi, ancora dominato dal prodotto fresco artigianale consumato dall’84,1% degli italiani.
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