Lady camorra e il boss Lo Russo: “Mi chiamano Allah”

Lady camorra e il boss Lo Russo: “Mi chiamano Allah”

NAPOLI – “Lady camorra” Anna Serino: caffè e brioche ai killer prima dell’omicidio. E suo marito, il boss Carlo Lo Russo: “Mi chiamano Allah. E loro per me sono l’Isis”. Sono alcuni dei dettagli emersi dalle indagini che hanno portato all’arresto di Serino, Lo Russo, Luigi Cutarelli e Mariano Torre per l’omicidio di Pasquale Izzi, pregiudicato in permesso premio che venne freddato durante alcuni giorni di libertà a Napoli.

 

L’omicidio avvenne il 29 marzo scorso. Quella mattina, secondo quanto scrive ​Giuseppe Crimaldi sul quotidiano Il Mattino, Anna Serino preparò caffè e brioche nella casa del boss a Cutarelli e Mariano, il primo, secondo l’accusa, esecutore materiale dell’omicidio, il secondo complice del sicario per aver contribuito a localizzare Izzi che usciva di casa.

Ma l’omicidio di Izzi era stato organizzato giorni prima, riferisce Crimaldi sul Mattino:

E a decretarlo era stato Carlo Lo Russo, il reggente del clan dei Capitoni di Miano. E quella mattina «zio Carlo», come lo chiamano in segno di deferenza e rispetto i giovanissimi killer che si sono offerti di premere il grilletto, assisterà in compagnia della moglie all’esecuzione in diretta, per poi – più tardi – compiacersi con uno dei sicari dicendogli: «Dieci botte (colpi, ndr) in faccia. Ma come hai fatto?».

Dalle indagini è emerso anche il movente:

il 55enne Izzi fu ucciso perché era «antipatico» a Lo Russo. Antipatico: proprio così dice il boss spiegando che la presenza seppur saltuaria di quel pregiudicato mai visto di buon occhio dai suoi, anche perché legato a soggetti vicini a un gruppo rivale. E così la mattina del 29 marzo da un lato il capoclan impartisce i suoi ultimi ordini ai sicari, mentre sua moglie – come una perfetta «lady camorra» – prepara loro la colazione prima di incitarli a compiere la missione di morte.

Proprio la moglie del boss emerge nelle indagini come parte attiva dell’opera del marito:

«Anna Serino – scrive il gip – non è una mera spettatrice, non si limita a condividere la decisione dell’omicidio. Fa di più: partecipa alla fase organizzativa e si impegna, quando i killer stanno per entrare in azione, a tenere lontane da casa la madre e la donna delle pulizie per paura che vedano qualcosa e possano spaventarsi.Una sequenza di orrori e follie. L’esecuzione è un «regalo» che il giovanissimo Cutarelli – detto «Kamikaze» – fa a Carlo Lo Russo sottolineando e vantandosi di essere pronto a «fare ogni cosa per lui, pure di farmi esplodere». Non a caso il 21enne si fa chiamare «Kamikaze».

Dalle registrazioni acquisite emerge un altro inquietante particolare: conversando con la moglie il boss si esalta: «Quello (Cutarelli, ndr) a me mi chiama Allah, e per me lui è l’Isis!». Passaggio, questo, che non sfugge al gip, che sottolinea: «Per gli indagati l’unica cosa che conta è l’obiettivo, da colpire a ogni costo. Come i kamikaze al servizio dell’Isis, si uccide senza preoccuparsi della vita e del dolore».

A inchiodare i quattro sono le intercettazioni ambientali che registrano tutto in presa diretta, compresi i momenti immediatamente precedenti e successivi all’uccisione di Izzi. «Gli ho dato dieci botte in faccia – ripeterà poco dopo aver massacrato la vittima il giovanissimo killer – E poi sono tornato indietro per dargliene altri due, la mazzetta (cioè il colpo di grazia, ndr). Dialoghi agghiaccianti che avvengono nell’abitazione di via Janfolla di Lo Russo.

Published by
Maria Elena Perrero