LAMPEDUSA – Domenica pomeriggio, telefonata satellitare al Centro nazionale di Soccorso della Guardia Costiera: c’è una nave alla deriva al largo delle coste libiche con a bordo un centinaio di migranti. Localizzato il segnale satellitare vengono inviati sul posto i mercantili Bourbon/Argos e Saint Rock che navigano in zona. Contemporaneamente partono le motovedette da Lampedusa Cp 302 e Cp 305. Raggiungono la rotta alle 22 e comincia il trasbordo dei 106 migranti. Ventinove sono morti in ipotermia (congelati), altri quindici sono in condizioni gravissime. Cronaca di uno sbarco in Sicilia, l’ennesima tragedia nel Mediterraneo.
Hanno lavorato tutta una notte e una mattina per trarli in salvo. Le motovodette con i cadaveri a bordo sono rientrate nel porto di Lampedusa soltanto lunedì pomeriggio. La navigazione delle due unità è stata resa particolarmente difficoltosa dal mare in burrasca.
Sull’isola sono state predisposte le operazioni per l’assistenza sanitaria dei migranti. Non è escluso il trasferimento di alcuni di loro, i più gravi, in eliambulanza. A Lampedusa l’unico presidio medico è il Poliambulatorio, già oberato dall’arrivo in massa.
E il direttore sanitario di Lampedusa Pietro Bartolo apre la polemica sui soccorsi e sulla “trasformazione” di Mare Nostrum: “Hanno viaggiato per ore su imbarcazioni che non sono idonee al soccorso delle persone”, dice Bartolo. “Parlo da medico e ormai purtroppo da esperto di queste tragedie – ha aggiunto – non è questo il sistema giusto per salvare vite umane. Probabilmente con Mare Nostrum non avremmo avuto questi morti: non è possibile che si vadano a recuperare i migranti a 100-120 miglia da Lampedusa per poi portarli verso la Sicilia in condizioni meteo proibitive. Quel dispositivo consentiva alle navi della Marina di raggiungere questi disperati, prenderli a bordo, metterli al riparo e ristorarli. Ora questo è più difficile”.