I truffati dei Parioli: risarcimenti, a spese nostre. Ma Lande non era una banca

ROMA – Sono 1680 i raggirati dal Madoff dei Parioli. Trecento milioni di euro in tutto. Soldi della Roma bene, risparmi, ma anche frutto di evasione fiscale o riciclaggio di denaro sporco. Soldi affidati male, al Madoff in questione ovvero Gianfranco Lande, e finiti male. Nel senso che molti clienti non hanno rivisto né la somma inizialmente versata né tanto meno i margini di guadagno promessi. Succede ora, però, che questi clienti truffati, truffati non da una banca normale ma da una società sconosciuta che prometteva rendimenti da urlo, chiedano i soldi allo Stato. Ovvero alla Consob e alla Banca d’Italia.

Non di clienti “normali” parliamo, ed è tutto nella particolarità dello status dei nomi che si rivolgevano a Lande che è il nocciolo della questione. Un risparmiatore “normale” va in banca e investe i risparmi, ad esempio, in titoli Generali. Un risparmiatore “normale” può ritrovarsi tradito anche dalla banca di fiducia che magari investe in Cirio o bond argentini senza specificare il rischio. No, questi clienti erano andati a cercarselo Lande. Uno che prometteva rendimenti fino al 10% quando in tempi di tranquillità economica (ovvero non i tempi correnti) i tassi promessi dalle banche normali erano un quarto. I clienti di Lande hanno rischiato sapendo di rischiare. Per vedere, magari, se davvero Lande dava quello che prometteva. Oppure perché, in caso di denaro poco trasparente, non è consigliabile entrare in una banca normale.

Se una banca italiana fallisce vengono garantiti i depositi fino a 103mila euro. E i clienti di Madoff dovrebbero essere trattati alla stessa stregua? Al momento non si conoscono nomi dei Vip raggirati che si sono schierati contro questa richiesta di risarcimento: da Sabina Guzzanti a Davide Riondino, da Enrico Vanzina a nomi altisonanti come Ruspoli, Clavet di Briga, D’Aste Stella.

Ora che il “giocattolo Lande” s’è rotto molti chiedono soldi. Soldi nostri, soldi dello Stato e finanziati quindi dalla collettività. La società Egp con la quale Lande operava era registrata in Francia e quindi vigilata dall’Authority francese. Ma i clienti non bussano a Parigi, bussano a Roma.

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Elisa D'Alto