Claudio Rinaldi, commissario per i Mondiali di nuoto di Roma 2009 aveva dato l’ok a dei lavori di ampliamento del «Salaria Sport Village»: così l’imprenditore Diego Anemone aveva risparmiato «contributi di nove milioni di euro che sarebbero stati dovuti per la costruzione in regime ordinario». A scriverlo sono i magistrati di Perugia, come scrive La Stampa. Nella richiesta d’arresto, poi respinta, per Rinaldi, la Procura parla di una tangente versata proprio da Anemone, ovvero di «specifica prova della dazione di utilità consistita nella dazione di denaro che è stata versata da Anemone a favore di Rinaldi tramite la madre Mimma Giordani, su conti correnti all’estero, a San Marino».
San Marino spiega, nella rogatoria arrivata a Perugia, di indagare per riciclaggio sia Rinaldi che la madre: «Claudio Rinaldi, quale titolare del mandato fiduciario numero 1225, aperto in data 23 novembre 2006, ora estinto, presso la società sanmarinese Bac Fiduciaria spa: Mimma Giordani, quale titolare del mandato fiduciario numero 1808, aperto il 17 ottobre 2008, ora estinto, presso la società sanmarinese Bac fiduciaria spa». Il conto della madre di Rinaldi era finalizzato «alla costituzione in riservatezza di una società a partecipazione finanziaria (Soparfi) in Lussemburgo, attraverso la quale rilevare il 99% delle quote della società italiana “Iniziative speciali srl” amministrata dalla stessa signora Mimma Giordani».
Dei rapporti e dei soldi della cricca a San Marino si era già parlato in merito ad alcune operazioni sospette scoperte il 6 aprile scorso: da un lato i soldi di Anemone, dall’altro i conti “destinatari” di Rinaldi e della madre. Poi sono spuntate altre transazioni per Angelo Balducci, ex numero due della Protezione civile.
Gli affari d’oro e il presunto denaro sporco della cricca sono oggetto anche delle dure motivazioni della Cassazione che ha parlato di un «il sistema spregiudicato». Il giudice per le indagini preliminari Massimo Ricciarelli ha disposto l’interdizione di otto mesi nei rapporti con la pubblica amministrazione per le aziende di Anemone, anche se non impedisce di partecipare alle gare d’appalto.
«L’indagine – sottolinea il gip – ha posto in luce un sistema incentrato su stabili cointeressenze tra i soggetti coinvolti, tali per cui l’Anemone era in grado di assicurarsi risultati imprenditoriali di grande importanza avvalendosi della parallela compiacenza di personaggi chiave. La capacità di influenza dell’Anemone era talmente capillare da non fermarsi a specifici personaggi ma da addentrarsi fin dove era possibile, fino a tentare di condizionare con manovre compiacenti personaggi collocati sempre più in alto. Il sistema era tale da propiziare introiti di notevole rilievo, talmente grandi che la capacità corruttiva può dirsi ancora inalterata».