Lavoro da casa (11,1% dei dipendenti e il 18 degli autonomi): cosa succederà dal primo aprile (foto Ansa)
Cosa cambia con lo smart working dal 1 aprile, primo giorno in cui l’Italia non sarà più in stato di emergenza? Attualmente, lavorano da casa l’11,1 per cento dei lavoratori dipendenti e il 18 per cento degli autonomi.
La decisione di non prolungarlo avrà ovviamente un impatto rilevante sul mondo del lavoro. Da aprile tra 5 e 8 milioni di lavoratori dovranno infatti negoziare per legge degli accordi individuali su questo tipo di modalità lavorativa.
Lo stato d’emergenza consente sia ai dipendenti pubblici sia a quelli privati di ricorrere al lavoro da remoto derogando ad accordi sindacali o individuali con l’azienda. In una situazione ordinaria, il lavoro agile torna nella sua versione “semplificata”, ossia necessita di accordi tra datori di lavoro e sindacati.
Il Governo vorrebbe introdurre delle procedure semplificate per le comunicazioni obbligatorie dei datori di lavoro sugli accordi individuali che hanno a che fare con lo smart working. Il tutto per semplificare la burocrazia dopo la fine dello stato d’emergenza e per agevolare l’alternanza casa-lavoro che è già realtà in grandi aziende come Fastweb e Unicredit.
Ma cosa pensano gli italiani dello smart working? Il 53% degli italiani alternerebbe volentieri il lavoro agile da casa a quello dell’ufficio. Un 33% rimarrebbe perennemente in smart. Solo una piccola fetta, il 14%, ha invece nostalgia della giornata lavorativa a tempo pieno.
Il Politecnico di Milano ha contato i lavoratori che hanno usufruito, nel 2021, dello smart working. Nel primo trimestre sono stati più di 5milioni e 370mila quelli che hanno lavorato da remoto, dato sceso a 4 milioni 710mila nel secondo trimestre per arrivare a poco più di 4 milioni nel terzo trimestre.