La Sicilia è la Regione con più dipendenti pubblici pro capite, gli eletti all’Assemblea regionale sono pagati più degli omologhi in ogni altra parte d’Italia, la spesa sanitaria è superiore a quella dell’intera Finlandia, il trattamento pensionistico di chi lavora per le istituzioni locali è il più favorevole di tutto il territorio nazionale, il numero dei collaboratori, dei consulenti e dei precari in qualche modo legati alla politica locale fa di questa attività la maggior impresa dell’isola, un’impresa che “non lascia mai nessuno indietro” e alla fine assume tutti. Ci sarà qualche collegamento tra tutto questo e il fatto che l’azienda comunale di Palermo per la raccolta dei rifiuti va in fallimento per debiti?
La Procura della Repubblica e la Guardia di Finanza hanno già richiesto e accertato il fallimento. L’Amia, così si chiama l’azienda, ha debiti per 120 milioni di euro e ne accumula altri due ogni mese. Che accadrà ora? A Palermo l’immondizia non verrà più raccolta? Regione e Comune dirotteranno su un servizio essenziale un po’ di fondi di spesa pubblica clientelare? Il governo di Roma, Bossi permettendo, regalerà, come ha fatto per Catania, altri cento milioni a Palermo, milioni presi dalle tasse che tutti gli italiani pagano? È la bancarotta di un’azienda, ma anche al bancarotta di uno stile di governo, sempre o quasi sempre premiato finora dal voto dei siciliani.
