E’ stata la stessa collaboratrice di giustizia Lea Garofalo a rinunciare spontaneamente al programma di protezione. Le misure di tutela si sono interrotte quindi nell’aprile del 2009, a novembre dello stesso anno è stata uccisa. Lo ha spiegato il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, anche presidente della Commissione centrale sui programmi di protezione, a proposito dell’omicidio della Garofalo.
Il sistema di protezione dei collaboratori di giustizia, spiega Mantovano, ”ha garantito a Lea Garofalo ogni tutela fin dal momento dell’ingresso nel programma di protezione, cioè a partire dall’estate 2002, e anche dopo la revoca del programma, avvenuta nel 2006 (poiché le sue dichiarazioni erano rimaste senza riscontri in base a quanto riferito dalla Procura competente)”. La prosecuzione del programma, precisa il sottosegretario, ”e’ dovuta al fatto che la signora Garofalo aveva impugnato la decisione di revoca davanti al giudice amministrativo, e per questo le misure di assistenza e di tutela era rimaste invariate nei suoi confronti. Tutto cio’ – aggiunge – e’ andato avanti fino al mese di aprile 2009, allorche’ l’interessata ha spontaneamente rinunciato ed e’ rientrata nel luogo di origine”.
”Nessuna richiesta di riammissione allo stesso programma da parte di nessuna autorita’ giudiziaria – conclude Mantovano – ha fatto seguito al suo volontario allontanamento. E’ noto che il sistema di protezione non riesce se non vi e’ rispondenza da parte del soggetto tutelato”.