Per aver “aperto e preso cognizione della corrispondenza, pur non essendone destinataria, destinata a Michele C., suo marito non convivente, dal quale è legalmente separata, utilizzandola nella causa di separazione pendente davanti al Tribunale di Napoli”, la signora Filomena M. era stata condannata in primo e secondo grado. Senza successo, l’imputata ha provato a sostenere in Cassazione che il marito era al corrente del contratto avendolo già sottoscritto, che la busta era aperta e che lei non aveva commesso alcun reato anche perchè esibire quel contratto in tribunale costituiva “una giusta causa di rivelazione del contenuto dell’atto”.
La Suprema Corte – con la sentenza 585 depositata oggi e relativa all’udienza svoltasi lo scorso quattro ottobre – le ha dato torto su tutta la linea. E’ del tutto “irrilevante” che il plico fosse chiuso o aperto, scrivono gli ermellini, “essendo evidente che la corrispondenza era destinata ad altri, come pure il fatto che il destinatario ne conoscesse il contenuto, giacchè la legge tutela la libertà individuale e la riservatezza”. Nessuna giustificazione è stata infine concessa alla signora per aver preso visione del contratto al fine di esibirlo al giudice della separazione. La Cassazione ricorda in proposito, disincentivando le azioni furtive tra coniugi, che “il giudice può, a istanza di parte, ordinare all’altra parte o ad un terzo, l’esibizione di documenti di cui ritenga necessaria l’acquisizione al processo”.