Omicidio di Lidia Macchi senza colpevole, Stefano Binda assolto in Cassazione. Si chiude dopo 34 anni il caso della studentessa uccisa nel gennaio 1987. Uccisa con 29 coltellate in un bosco a Cittiglio, vicino Varese. Un delitto che fin da subito era sembrato di difficile soluzione. E che infatti è rimasto irrisolto.
Lidia Macchi era all’epoca una giovane studentessa vicina a Comunione e Liberazione. Anche Binda era studente, compagno di studi della Macchi e anche lui vicino a Cl. L’assassino perfetto, secondo stampa e opinione pubblica. Il caso era stato riaperto dopo 30 anni. Nel 2018 Binda fu condannato all’ergastolo, poi prosciolto l’anno successivo e infine assolto definitivamente in Cassazione ora.
Stefano Binda, assoluzione in Cassazione per l’omicidio di Lidia Macchi
I giudici della Cassazione hanno dichiarato inammissibile il ricorso del Pg di Milano e dei familiari di Lidia che chiedevano la riapertura del processo. Anche i familiari della vittima hanno fatto sapere di ritenere che contro Binda non c’erano elementi sufficienti per la condanna. Anche se in loro è sempre viva la “ferita” per non aver trovato il colpevole.
Delitto Lidia Macchi: un caso che va avanti da 34 anni
L’omicidio della ragazza è un cold case che si protrae da 34 anni e che ha registrato gravi inerzie con “omissioni e trascuratezze”, rilevate dal Csm, da parte del pm Agostino Abate. Proprio ad Abate il fascicolo di indagine fu infine tolto dopo 25 anni. Nei quali il procedimento per la morte di Lidia era rimasto aperto “a carico di ignoti senza la richiesta al giudice competente di alcuna proroga dopo quella concessa dal gip nel gennaio 1991”.
Cassazione: no alla riapertura del processo sul caso Lidia Macchi
Nella sua requisitoria, anche il Sostituto procuratore della Cassazione Marco Dall’Olio aveva detto ‘no’ alla riapertura del processo. “Il principio di presunzione di innocenza e quello dell’oltre ogni ragionevole dubbio sono stati correttamente applicati” nel verdetto che ha prosciolto Binda e “la sentenza non ha compiuto alcuna anomala parcellizzazione dell’apparato indiziario nel suo percorso di ribaltamento delle certezze del primo grado”, ha detto Dall’Olio.
Il Pg ha poi sottolineato che l’alibi di Binda “non è stato smentito, non c’è il movente, non è suo il dna trovato sul corpo della vittima e nessuno ha individuato contatti tra Binda e Macchi la sera della scomparsa della vittima”.
I familiari di Lidia Macchi credono nell’innocenza di Binda
“Crediamo che durante il corso delle indagini e soprattutto dei processi non siano emerse prove a sufficienza per ritenere che Stefano Binda sia stato l’assassinio di Lidia e pertanto comprendiamo la sua completa assoluzione”. E’ quanto scrivono in una lettera Paola, Stefania e Alberto Macchi, rispettivamente madre e fratelli di Lidia Macchi, dopo aver appreso la decisione della Cassazione. “In noi rimarrà per sempre la ferita di non aver trovato il colpevole della morte di Lidia”, aggiungono nella loro lettera.