Sarebbe stato manomesso il quadro elettrico per far funzionare l’orditoio anche senza la saracinesca di protezione abbassata. E’ quanto riferito dal Tgr Rai Toscana sugli accertamenti in corso sul macchinario che ha ucciso Luana D’Orazio.
La giovane, di 22 anni e madre di un bimbo di 5, ha perso la vita in un incidente il 3 maggio scorso in una azienda tessile di Montemurlo: è stata risucchiata e stritolata dal macchinario al quale lavorava.
La perizia che sarò consegnata a giorni alla Procura di Prato, è stata condotta sugli orditoi di fabbricazione tedesca.
Luana D’Orazio, due manomissioni sull’orditoio
Nello specifico, scrive l’Ansa, sarebbero state rilevate due manomissioni differenti. Una al quadro elettrico e l’altra alla parte meccanica. La modifica al quadro elettrico sull’orditoio al quale stava lavorando la 22enne avrebbe permesso alla macchina di funzionare in automatico anche con la saracinesca di protezione abbassata. Sull’orditoio gemello – anch’esso sequestrato – sarebbe stata accertata l’assenza della fotocellula di sicurezza.
La perizia, continua il TGr Toscana, avrebbe rilevato anche una modifica che avrebbe consentito il funzionamento in automatico: in particolare il pulsante di avvio, che a saracinesca alzata dovrebbe essere inattivo, avrebbe funzionato lo stesso.
Luana D’Orazio, l’ipotesi di manomissione
L’ipotesi che i sistemi di sicurezza dei macchinari della ditta in cui è morta Luana D’Orazio fossero stati manomessi per funzionare anche con i cancelli di protezione alzati era stata avanzata già nelle prime fasi delle indagini.
Nel fascicolo aperto alla procura di Prato, che indaga sul caso, oltre all’omicidio colposo si ipotizza anche il reato di “rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro”.
Luana D’Orazio, interrogati titolare e gestore dell’orditoio
Nelle scorse ore sono stati interrogati negli uffici della procura di Prato i coniugi, rispettivamente titolare e gestore di fatto dell’orditoio dove è avvenuto l’incidente mortale. Indagato per gli stessi reati anche il tecnico manutentore.
Uno dei due avrebbe risposto alle domande degli inquirenti, mentre l’altro si è avvalso della facoltà di non rispondere.