Il suicidio di Marco Prato non poteva essere evitato: così ha stabilito il tribunale (Foto Ansa)
ROMA – Il suicidio di Marco Prato, condannato per l’omicidio di Luca Varani, non poteva essere evitato. Il tribunale di Velletri ha stabilito che nessuno ha avuto colpa di quella morte in carcere. Né la direzione del Regina Coeli né i secondini addetti alla sorveglianza.
Non importa, quindi, sottolinea Il Messaggero, che già nel giugno del 2017 Prato si fosse infilato la testa in un sacchetto collegato ad una bomboletta di gas usato per la cucina dei campeggi.
Al primo tentativo aveva lasciato scritto ai genitori di fare festa il giorno del suo funerale e di mettere la musica di Dalida. E di lasciargli sulle unghie lo smalto rosso. Al secondo tentativo, quello che in carcere ha avuto esito letale, aveva lasciato scritto: “Il suicidio non è un atto di coraggio, né di codardia. Il suicidio è una malattia. E questa vita mi è insopportabile. Le menzogne su di me e su quella notte mi sono insopportabili”.
Eppure anche all’indomani dell’omicidio di Luca Varani Prato si era imbottito di barbiturici in una stanza d’hotel, ed era stato salvato da una lavanda gastrica. Ma adesso, spiega il Messaggero, sui dubbi cade il sipario. Il tribunale di Velletri ha chiuso il caso. (Fonte. Il Messaggero)