I due boss mafiosi baresi Savinuccio Parisi e Antonio Di Cosola hanno deciso di non rispondere alle domande del giudice per le indagini preliminari. Sono tra le 83 persone colpite dall’ordinanza di custodia cautelare che il primo dicembre ha permesso alla Guardia di finanza di smantellare il clan Parisi e di sequestrare un patrimonio il cui valore è stimato in 220 milioni di euro.
Parisi e Di Cosola sono comparsi davanti al gip Giulia Romanazzi per l’interrogatorio di garanzia e hanno subito spiegato al giudice di volersi avvalere della facoltà di non rispondere. Intanto, la Guardia di finanza ha sequestrato il “testamento” di Michele Labellarte, il bancarottiere barese morto per un male incurabile nel settembre scorso all’età di 38 anni, ritenuto dalla procura di Bari l’uomo che avrebbe riciclato tre milioni di euro ricevuti dal clan Parisi in attività immobiliari.
Nel testamento Labellarte ordina la distribuzione dei suoi beni alla fidanzata e a suoi familiari. L’atto quindi è estraneo all’attività di riciclaggio del danaro per conto dell’associazione mafiosa. Attorno alla posizione di Labellarte, in quanto bancarottiere condannato con sentenza definitiva e non di riciclatore del danaro della mala, ruotano quelle dei politici e dei professionisti indagati per utilizzo di danaro di provenienza illecita: la parlamentare del Pdl, Elvira Savino, amica di Labellarte, dei tre avvocati del bancarottiere (Gianni Di Cagno, Onofrio Sisto e Giacomo Porcelli), di sei direttori di filiali di banca, e di due ex amministratori del Comune di Valenzano (Bari). Questi ultimi due politici sono accusati di corruzione.
Lo riporta l’Ansa.