Un omicidio di mafia è stato sventato grazie all’operazione Persefone dei carabinieri che ha smantellato il clan di Bagheria, da sempre roccaforte di Cosa Nostra. Un uomo, nonostante gli “avvertimenti”, aveva continuato a sfidare i vertici mafiosi.
Il colpo dei carabinieri contro il clan Bagheria
Così i militari del comando provinciale di Palermo hanno eseguito un provvedimento di fermo emesso dalla Direzione distrettuale antimafia nei confronti di 8 indagati. Accusati a vario titolo di associazione mafiosa e finalizzata al traffico di stupefacenti, detenzione e vendita di armi clandestine. Ma anche estorsione, lesioni aggravate, maltrattamenti, reati aggravati dalle modalità mafiose.
L’affronto pubblico al boss, il pestaggio e la sentenza di morte
Un uomo aveva osato sfidare pubblicamente il capomafia. Ubriaco e spesso intemperante, oltre a picchiare la compagna e il padre, l’uomo, “apparentemente estraneo al contesto mafioso”, spiegano gli investigatori dell’Arma, aveva messo in discussione l’autorità del boss. Così su mandato del capomafia è partita la spedizione punitiva. In sei lo hanno selvaggiamente picchiato, provocandogli un trauma cranico e uno alla mano.
L’uomo però si è armato di accetta e ha iniziato a far sapere in giro di essere pronto a dare fuoco a un locale da poco inaugurato dal boss. Un affronto pubblico davanti al quale hanno sentenziato la sua morte con un omicidio pianificato nei dettagli che solo l’intervento dei carabinieri ha scongiurato.