«Qua comando io, non comandano i Piromalli». Rocco Molé diceva così prima di essere assassinato, sancendo ufficialmente la rottura nelle storiche cosche della piana tra i Molé appunto e i Piromalli, le organizzazioni più importanti della provincia di Reggio. Il passo è contenuto in uno dei verbali del nuovo pentito (che sarà sentito in videoconferenza venerdì prossimo, 12 marzo), l’imprenditore Cosimo Virgiglio.
Rocco Molé venne ucciso in un agguato il primo febbraio del 2008 e tentava, tra l’altro, di acquisire il controllo dell’Autorità portuale di Gioia Tauro imponendo alla guida un referente del gruppo criminale, indicato dal pentito in Vito Foderaro. Molé avrebbe anche avuto contatti, in tal senso, secondo quanto ha riferito il collaboratore di giustizia, anche con Pasquale Tripodi all’epoca in cui quest’ultimo era assessore regionale.
Il tentativo di imporre Foderaro alla guida dell’autorità, però, non riuscì. Altre rivelazioni riguardano i rapporti – riferitigli sempre da Molé – con l’allora sindaco di Gioia Tauro, Del Torrione. Ma la parte più lunga dei verbali depositati riguarda proprio la frattura nelle cosche ed i motivi che la originarono, almeno a quanto il pentito ne sapeva. Alla fine del 2007 Rocco Molé si lamentò di un alterco avuto con Antonio Piromalli, figlio di Pino, per la costruzione di un capannone che secondo i Piromalli doveva essere fatto da una ditta e secondo i Molé da un’altra.
Ma Rocco Molé era, in realtà, un boss in ascesa, di vedute assai ampie, ancorché come lo definsice Virgiglio “sanguinario”. Un giorno il boss gli disse: «Tu ti devi accattivare la simpatia delel forze dell’ordine, devi essere sempre educato con loro. Io ogni tanto gli faccio trovare per tenermeli buoni una pistola, un fucile, una cosa..». Molé, però, guardava anche oltre. Era lungimirante: «Il grande Ponte, il ponte sullo stretto. Gioia Tauro dice dovrà essere il punto di ristoro, dove vanno a mattere tutti i cavi d’acciaio». Parola di pentito sugli interessi veri delle cosche della piana di Gioia.