Malgrado le smentite del presidente a amministratore delegato della Finmeccanica Pierfrancesco Guarguaglini ci sarebbero state almeno due riunioni tra i vertici di Finmeccanica e gli appartenenti al gruppo criminale di Gennaro Mokbel.
Gli incontri sarebbero stati documentati dai carabinieri del Ros e confermati da alcuni arrestati, in particolare l’ex senatore Nicola Di Girolamo, tuttora in carcere proprio con l’accusa di essere uno degli affiliati all’organizzazione che avrebbe riciclato denaro proveniente da attività illecite. La rivelazione è contenuta nel provvedimento di fermo che riguarda Lorenzo Cola, ex consulente di Finmeccanica, bloccato giovedì con l’accusa di aver reinvestito all’estero i soldi provenienti da operazioni finanziarie per riciclare denaro sporco.
In tutto, 8 milioni e 300 mila euro serviti ad acquistare le quote della società Digint – partecipata di Finmeccanica – che Mokbel sperava di utilizzare per ottenere appalti nel settore militare e poi rivendere ad un prezzo “di gran lunga maggiorato”.
L’indagine condotta dal procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo arriva dunque al cuore della holding. La traccia fornita inizialmente dalle intercettazioni telefoniche e ambientali sugli affari conclusi e sui pagamenti avvenuti su conti aperti in banche straniere avrebbe trovato conferma nell’esame della contabilità aziendale, ma soprattutto nelle ammissioni degli indagati. Oltre a Di Girolamo, gli atti processuali danno conto dei verbali di Marco Toseroni che si definisce “mente finanziaria di queste attività di riciclaggio per conto di Mokbel” e di Marco Iannilli, anche lui inserito nell’affare.
Fuga negli Usa Tre giorni fa Cola, “al telefono con la moglie in Svezia, le rappresenta le sue preoccupazioni in ‘ordine ai problemi che ho a Roma’ e le conferma l’imminente partenza per gli Usa, via Parigi tra l’8 e il 9 luglio”. Il magistrato decide dunque il fermo. L’accusa viene così esplicitata: “Marco Toseroni e Nicola Di Girolamo, su incarico di Mokbel, prendevano contatti con Iannilli e Cola (soggetto di fiducia di Finmeccanica Group) con i quali concordavano, con l’assistenza tecnica dello studio Ernst & Young di Roma, l’operazione societaria di rilievo del 51 per cento delle quote della società Digint (costituita dalla Financial Lincoln e partecipata al 49 per cento da Finmeccanica Group) mediante il pagamento di 8 milioni e 300 mila euro circa versati su conti esteri a Iannilli e Cola con bonifico effettuato da Toseroni”.
Questa cifra è stata prelevata dalla casse della Rhuna Investment Holding, società di Singapore che lo stesso Mokbel aveva rilevato e dove aveva deciso di far confluire “parte dei proventi delle fatture inesistenti emesse nell’ambito dell’attività illecita sulle carte telefoniche” per cui è stato arrestato a febbraio con numerose persone, tra i quali l’amministratore di Fastweb Silvio Scaglia e i responsabili di Telekom Sparkle. Una sorta di ‘cassa comune’ che doveva servire per futuri investimenti e per finanziarie nuove e diverse attività del gruppo criminale stesso”.
In questa strategia si inserisce l’acquisto della Digint che, evidenzia l’accusa, “secondo i progetti di Mokbel e Cola doveva essere ‘dotata’ con contratti milionari per farne lievitare fortemente il valore e farla ‘acquistare’, ma dovremmo dire meglio ‘riacquistare’ completamente da Finmeccanica”.
I pagamenti all’estero Sono state proprio le dichiarazioni di Toseroni e Di Girolamo, incrociate con i controlli bancari, a consentire di ricostruire il passaggio dei soldi per l’acquisto della Digint da parte di Mokbel. Scrive il magistrato: “Gli accertamenti svolti consentono di affermare con certezza che la somma di 7,5 milioni è stata effettivamente versata da Mokbel a Cola tramite bonifici frazionati disposti da Toseroni dai fondi della ‘cassa comune’ costituita tramite la Rhuna Investment e destinati a Iannilli a San Marino, sui conti presso la Smi e che a sua volta Iannilli ha trasferito tali somme (trattenendo le spese e la sua percentuale pari al 10, 11 per cento) sui conti accessi in Svizzera indicati da tale Corrado Prandi, operatore finanziario di fiducia dello stesso Cola”.
I magistrati vogliono adesso scoprire dove siano davvero finiti quei soldi, e infatti nel provvedimento si sottolinea come il manager «incassava somme ingenti senza averne alcun titolo, asseritamente (a detta di Iannilli) a fronte di somme a lui dovute da Finmeccanica “per l’attività da lui svolta negli Stati Uniti”.
Riunioni e pedinamenti Iannilli viene ritenuto un uomo chiave nella vicenda perché “attraverso lui Mokbel è riuscito ad avere contatti con Cola e con i vertici per i quali lo stesso Cola operava”. Secon do il magistrato “nelle conversazioni intercettate e nelle stesse dichiarazioni degli indagati Di Girolamo e Toseroni non si ha prova di alcun collegamento diretto di Cola con i vertici di Finmeccanica, anche se particolarmente significative sono le circostanze emerse nel corso delle indagini (con attività di tipo tecnico e attività di osservazione e controllo) e confermate dagli indagati in ordine agli appuntamenti (a due si riferiscono sia Toseroni, sia Di Girolamo e di uno c’è riscontro attraverso un servizio di osservazione dei carabinieri) organizzati da Mokbel e a cui avrebbero partecipato anche il presidente Pierfrancesco Guarguaglini e il direttore generale Giorgio Zappa”.
Iannilli ha invece affermato che “Cola era uomo di fiducia del presidente Guarguaglini per gli affari di Finmeccanica negli Usa e che era stato affiancato, pure in mancanza di cariche formali, quale consigliere quasi ‘a tutela’ all’ingegner Marina Grossi, la moglie del presidente, nel suo incarico alla Selex, Sistemi Integrati”.
