Dopo l’annuncio di tagli arrivano i mugugni di chi, pur pagato profumatamente dallo Stato, non ci sta. La manovra Tremonti da 24 miliardi prevede infatti, per i manager pubblici, un taglio dello stipendio che consiste del 5% sulla parte che eccede i 90mila euro, e del 10 sopra i 130 mila.
A protestare è Pompeo Savarino, 42 anni, segretario generale del Comune di Anzio che, sulle pagine del Corriere della Sera, dice: «Non ho problemi, la mia famiglia non risentirà dei tagli. Ma se a pagare saranno sempre i soliti, cioè noi, gli statali, quelli che vengono chiamati la “Cassa”, quelli che basta qualche riga in un decreto e devono farsi carico dei problemi del Paese… Ebbene, se mi ci portano non posso escludere un ricorso, nel nome dell’uguaglianza di tutti i cittadini. Dipende se alla fine la manovra sarà socialmente etica, oppure no».
Savarino, buste paga alla mano, dice di guadagnare 128mila euro l’anno: sul suo stipendio i tagli di Tremonti comporterebbero 1900 euro lordi in meno in busta paga. Ma nonostante questo promette battaglia: “Siamo sicuri che gli stessi tagli toccheranno ai magistrati, all’Avvocatura dello Stato, ai diplomatici? Perché l’Italia è il Paese delle categorie privilegiate e di quelle sempre tartassate. Siamo stanchi di fare la cassa di ogni governo”.
