BOLOGNA, 9 MAR – Marco Biagi aveva capito che il posto fisso sarebbe diventato presto antiquariato ma aveva una convinzione: bisogna proteggere ''i lavori brevi'' dando loro piu' diritti. E lo sentiva come ''suo dovere'', nonostante le minacce subite. Dire che voleva la precarieta' e' ''una bugia terribile''. Non urla ne' si commuove Marina Biagi quando racconta le idee e le paure del giuslavorista che ha conosciuto e amato.
La sua e' una difesa dai toni pacati e fermi, da mamma di due adolescenti diventati improvvisamente orfani di padre per colpa delle Br, che lo uccisero il 19 marzo 2002. E parla da mamma a una sessantina di studenti bolognesi ospiti di un incontro organizzato dalla Cisl a pochi giorni dal decennale della morte. Tra loro c'e' anche la terza B del Galvani, il liceo classico frequentato da Marco. E in sala e' seduta Francesca, la sorella di Marco.
Marina Biagi la sua verita' la racconta a braccio, dopo che il segretario della Cisl locale Alessandro Alberani le chiede di fare un saluto ai ragazzi. Da sempre schiva e lontana dai riflettori, stavolta accetta. Va al centro della sala, tentenna ma poi ricorda e racconta. ''Marco era un uomo libero, ha sempre detto quello che pensava, non era legato a una parte – e' la premessa – Ha avuto il coraggio di esporre le proprie idee''. Una di queste riguardava il futuro del lavoro: ''Era consapevole del fatto che la societa' si stava trasformando e che avere lo stesso lavoro per tutta la vita sarebbe stata una cosa praticamente impossibile''. Da li' il suo tarlo: ''Mi diceva: dobbiamo rendere la precarieta' in qualche modo protetta, cioe' fare in modo che quelle persone abbiano anche dei diritti''. E l'aveva ripetuto pochi giorni prima di morire: ''Mi disse: Io faccio quel che faccio e vado avanti, nonostante pericoli e minacce, perche' sento che e' mio dovere trovare delle soluzioni per proteggerli''. Di quelle minacce e telefonate anonime l'autore del Libro bianco, rimasto senza scorta, aveva paura. E non l'aveva nascosto alla moglie, che a 10 anni di distanza non perdona: ''Era stato abbandonato dalla polizia, dallo Stato che gli tolse la scorta proprio nel momento in cui era piu' esposto. Era stato sbeffeggiato da chi avrebbe dovuto proteggerlo''.
Marina Biagi non misura le parole nemmeno per i killer (che chiama ''persone veramente infami'') e per chi associo' il suo cognome alla precarieta': ''C'e' stato qualcuno che ha detto: Marco Biagi voleva la precarieta'. E' una bugia terribile, Marco anzi voleva proteggere le persone che si sarebbero trovate in questa situazione di difficolta'''.