ROMA – Sono poche, non bastano all’approvvigionamento sperato e peraltro imposto per legge.
Le mascherine a 50 centesimi (prezzo calmierato, ma in realtà 61 centesimi perché l’Iva al 22% resta nonostante ne sia stato annunciato il taglio) scarseggiano.
E quando arrivano, cioè sono disponibili sugli scaffali di farmacie e altri punti vendita, non sono a norma (3,5 milioni di pezzi).
Dilatando i tempi della vendita, quindi arrivano in ritardo, bisogna aspettare, prenotare, pregare…
“Le mascherine che le farmacie attendono dalla Pubblica Amministrazione al costo di acquisto di 40 centesimi – ovvero quelle che riguardano l’accordo con il Commissario Arcuri del primo maggio – non sono ancora state consegnate dai distributori intermedi”, deve ammettere Federfarma.
“Peraltro l’accordo è stato siglato solo il primo maggio e vanno considerati i necessari tempi tecnici”.
L’annuncio del prezzo fisso, calmierato a 50 centesimi, non ha aiutato.
Intermediari e aziende che hanno subodorato l’impossibilità di ricavarne il minimo profitto hanno disertato il mercato, se ne è discusso ampiamente.
Ma ora, quali sono i tempi tecnici ragionevolmente prevedibili sull’aumento delle scorte?
E per le misure di incentivo ed eventuale ristoro per farmacisti e operatori commerciali che hanno acquistato a prezzo più alto?
Sabato 9 maggio – il Sole 24 Ore mette in fila le indicazioni del Commissario Arcuri – saranno “liberate” 1,5 milioni di mascherine, bloccate a Fiumicino da ieri 7 maggio.
Altre tre milioni saranno disponibili per le farmacie dalla prossima settimana.
Stiamo parlando di uno stock ancora largamente insufficiente rispetto al fabbisogno: dal 18 maggio il ritmo di importazione dovrebbe attestarsi su circa 10 milioni a settimana.
L’obiettivo è quello di consentire a una filiera italiana di entrare a regime entro maggio in modo che da giugno l’Italia raggiunga l’autonomia produttiva. (fonte Il Sole 24 Ore)