MILANO – Massimo Bossetti: dai giudici decimo no alla scarcerazione. La tenacia dei difensori di Massimo Bossetti, unico imputato per l’omicidio di Yara Gambirasio, per fargli riottenere la libertà o almeno i domiciliari con il braccialetto elettronico si scontra con il decimo no. Questa volta quello del Tribunale del Riesame di Brescia che ha respinto la richiesta dei domiciliari mentre in precedenza la stessa decisione era stata presa tre volte dal gip, due dalla Corte d’Assise, due dalla Cassazione e altre due dallo stesso Riesame.
Per i giudici bresciani, in questo caso, la questione delle esigenze cautelari non si pone, dal momento che già esiste un giudicato dalla Cassazione e il periodo di circa sei mesi dalla decisione della Suprema Corte la quale aveva stabilito che per Bossetti l’unica misura adeguata è il carcere: “è molto breve e per ciò del tutto inidoneo” ai fini della difesa che chiedeva i domiciliari per il muratore accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio. E “questa particolare brevità esclude che possa concretamente prospettarsi un significativo nuovo atteggiamento psichico dell’imputato di spontaneo affidamento alle norme e prescrizioni, a fronte di una condotta illecita tanto grave e consolidata con l’abbandono della vittima dopo l’aggressione”.
Gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini si rifacevano all’introduzione del comma 3 bis dell’articolo 275 del Codice di procedura penale che, spiegavano, “mira ad incentivare il ricorso agli arresti domiciliari con l’applicazione del braccialetto elettronico, onerando il giudice della cautela di spiegare perché non applica all’indagato/imputato tale misura in luogo di quella carceraria. La decisione della Corte d’assise di Bergamo, che aveva detto un primo no, invece, si è “nascosta” dietro al muro del “giudicato cautelare”, così decidendo di non decidere autonomamente, pur a fronte di una situazione normativa assai differente rispetto a quella vigente al momento di tutte le precedenti pronunce di merito”.
Nel ricorso anche pesanti accuse alla stampa: “La presente vicenda ha assunto un tale clamore mediatico da far temere, come sta avvenendo, condizionamenti extraprocessuali da parte di un’opinione pubblica forcaiola, alimentata sin dall’arresto dell’imputato da informazioni distorte a senso unico, che stanno emergendo in dibattimento, peraltro soltanto all’inizio di una lunga istruttoria”. I legali di Bossetti, però, non sono i soli a non aver gradito quanto scritto o raccontato in tv. Il comandante del Ris, Giampietro Lago, ha presentato infatti una denuncia per diffamazione contro 18 giornalisti. L’oggetto della denuncia la questione del video fornito alla stampa con la sintesi delle immagini delle telecamere di sorveglianza di un furgone bianco, per gli investigatori quello di Bossetti, passato più volte intorno alla palestra dalla quale Yara scomparve il 26 novembre del 2010. Qualcuno aveva parlato di manipolazione o, più esplicitamente, di “tarocco”.