Mi manda Dell’Utri…Marino Massimo De Caro, custode predatore di libri antichi

ROMA – Mi manda Dell’Utri…Era questo, secondo quanto scrivono Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera e Mattia Feltri su La Stampa, il passepartout del professore e principe Marino Massimo De Caro, accusato insieme ad altri complici del furto di circa 4 mila fra incunaboli e preziosi libri antichi, prevalentemente dalla prestigiosa Biblioteca dei Girolamini di Napoli, presso la quale era stato direttore.

Attraverso i buoni uffici, sembra, proprio del senatore amico di Berlusconi  che, ovviamente nega ogni suo coinvolgimento nella storia, per la quale si è guadagnato l’ennesimo rinvio a giudizio.

Però, è un fatto, che pezzi pregiati della refurtiva siano finiti, e rintracciati, tra il patrimonio del senatore, a casa sua come alla Biblioteca di via Senato a Milano, di cui lui, esimio bibliofilo, è presidente.

Feltri sulla Stampa, fa i nomi di alcuni di questi libri: una copia dell’Utopia di Tommaso Moro, un’edizione del Momo del 1520, una copia dell’Artificium perorandi di Giordano Bruno…Degli originali di Giambattista Vico, fra l’altro assiduo frequentatore della Biblioteca dei Girolamini. Del Sidereus Nuncius di Galileo Galilei trafugato e sostituito da una copia…Libri così, insomma.

A parte il ruolo di Dell’Utri, è singolare la figura di Massimo Marino De Caro. Feltri scrive che abusa del titolo di principe e millanta quello di professore.

Cui aveva creduto, ricorda Stella sul Corriere, l’ex ministro della Cultura Galan che ha creduto sulla parola al Dell’Utri che lo raccomandava senza verificare il curriculum.

Feltri prosegue: professore a Verona, insegnante in master organizzati a Buenos Aires, laurea … Tutto falso. De Caro ha fatto fortuna con l’energia alternativa, ma come bibliofilo ha una certa reputazione, almeno fino alla scoperta dei furti. Peraltro già segnalata da due studiosi veri, contro i quali fu messa in piedi una rapida task force in Parlamento con due senatori Pdl, istruiti da Dell’Utri, prontissimi a fare addirittura un’interrogazione parlamentare per censurarne le denunce.

Il custode predatore imbarazza Dell’Utri, nega qualsiasi patto, quasi sembra non l’abbia mai conosciuto. Ma mettiamoci al posto dell’inquirente seduto ad ascoltare le telefonate tra i due, debitamente registrate (e rese pubbliche). Dal Corriere della Sera:

Dell’Utri: “Cosa c’è di buono a Napoli?”

De Caro: “Perché io barattavo due prime edizioni di Vico, se le mancano, per due inviti a pranzo”.

Dell’Utri: “Anche tre ti faccio”

La magistratura accerterà reati e responsabilità. Però, a diventare grandi bibliofili così, sono buoni a tutti. Ora si capisce qualcosa in più sulle patacche dei diari di Mussolini.

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Warsamé Dini Casali