Melania Rea e quell’assassino disorganizzato: la siringa, la svastica e le coltellate a vuoto

Melania Rea

ASCOLI PICENO – Un assassino disorganizzato, colto da un improvviso raptus omicida e che si trova nel panico, costretto in fretta a fare una messinscena per depistare le indagini. E’ il profilo che emergerebbe nell’inchiesta sulla morte di Carmela Rea, detta Melania, trovata morta in un bosco il 20 aprile scorso.

Chi indaga è arrivato alla conclusione che ad uccidere Melania sia stato qualcuno che la donna conosceva. Forse una donna. L’assassino però non aveva pianificato il delitto. Una discussione, poi trasformatasi in lotta. Poi, il coltello. E la morte di Melania. E ancora, forse anche in un secondo momento, l’idea di modificare alcuni particolare e di immetterne altri sulla scena del crimine, col preciso intento di confondere gli investigatori.

Le coltellate a vuoto: la donna è stata uccisa con 35 fendenti. Ma alcuni l’hanno colpita quando ormai era morta. Senza considerare i colpi dati dall’assassino all’interno del chiosco (vuoto) che si trovava sulla scena del delitto. Gli investigatori confidano anche nel fatto che l’assassino possa essersi ferito e quindi possa essere rintracciato più facilmente.

In questa cornice vanno quindi letti sia la siringa trovata conficcata sul petto, che la svastica incisa sulla coscia della donna. Maldestri tentativi di deviare le indagini indirizzandole verso ambienti diversi da quelli dell’assassino.

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Elisa D'Alto