ASCOLI PICENO – Dall’omicidio di Melania Rea, trovata morta il 20 aprile scorso nel bosco delle Casermette di Ripe di Civitella del Tronto (Teramo), all’iscrizione del marito Salvatore Parolisi nel registro degli indagati della procura di Ascoli Piceno, con l’accusa di omicidio volontario aggravato, sono trascorsi due mesi di indagini. Due mesi durante i quali il corso delle indagini è andato avanti con colpi di scena e lati oscuri da colmare.
Il 18 aprile quando Carmela Melania Rea scompare da Colle San Marco, dove, stando alla versione di Parolisi, si sarebbe recata con lui e la figlioletta di 18 mesi, dopo le 14:10. Parolisi racconta di averla vista allontanarsi per andare alla toilette del ristorante “Il Cacciatore”, ma nessun testimone confermerà che Melania quel pomeriggio era davvero a Colle San Marco. Un’amica la chiama inutilmente al cellulare alle 14:40. Alle 15:26 la prima chiamata del marito, rimasta senza risposta. Alle 15:30 l’uomo dà l’allarme: “Me l’hanno presa”.
Due giorni dopo, il 20 aprile, un anonimo telefona da una cabina del centro di Teramo: nel bosco delle Casermette c’è il cadavere di una donna, vicino ad un casotto di legno. E’ Melania, massacrata con una trentina di coltellate superficiali, i pantaloni abbassati, una siringa piantata nel seno e vari tagli, inferti, si saprà poi, post mortem, per depistare. Uno è a forma di svastica. La donna è stata colpita alle spalle, l’arco orario della morte è collocabile fra le 14 e le 17 del 18 aprile. Sotto le unghie della vittima non c’è il Dna dell’assassino, accanto al corpo l’anello di fidanzamento.
Il 22 aprile Salvatore Parolisi “mima” con gli investigatori la scena della “scomparsa” di Melania da Colle San Marco, e si dispera: ”Dovevo fare di più, insistere per accompagnarla”. Nella notte viene ascoltato come persona informata dei fatti e parte offesa, e ripete la versione che più e più volte riprorrà, anche in tv: “Pensavo che volesse farmi uno scherzo, vedere se ero geloso. Le avevo chiesto di portarmi un caffè, tornando indietro”. Ma in tasca Melania aveva solo 5 centesimi.
Poi si scopre che Parolisi ha un’amante, Ludovica, sua ex allieva: aveva chiesto il trasferimento a Sabaudia, la città della ragazza. Lei ha un’alibi, ma i due si sono ripetutamente sentiti, il giorno prima del delitto, e anche dopo: Salvatore le aveva promesso che avrebbe lasciato la moglie per lei. Comunicano con un telefonino segreto, che il caporalmaggiore getterà poi nel campo sportivo di Folignano.
Il 10 e l’11 maggio due interrogatori fiume per Parolisi, nella caserma dei Carabinieri di Castello di Cisterna, davanti al pm Umberto Monti. Sotto torchio, il militare non cambia versione: “Ho sbagliato a tradire Melania, ma non l’avrei mai uccisa. Piuttosto mi amazzavo io”. Consegna spontaneamente indumenti e scarpe, per le analisi dei Ris, dopo essersi già sottoposto al prelievo del Dna. Si contraddice spesso, sostiene di aver visto le foto del cadavere scattate con il cellulare dall’amico Raffaele Paciolla, ma questi lo smentisce, non ha mai fatto foto. Salvatore racconta anche di aver fatto l’amore con la moglie una decina di giorni prima della morte, proprio nel bosco delle Casermette.
Il 16 maggio duemila persone si stringono accanto ai familiari di Melania nei funerali celebrati a Somma Vesuviana. Parolisi si inginocchia davanti alla bara, segue il feretro a piedi, sempre lontano da Gennaro, Vittoria e Michele Rea, i genitori e il fratello di Melania, che lo hanno difeso a lungo, ma da giorni hanno cominciato a dubitare di lui. Poi tre giorni dopo nuova perquisizione dei Ris in casa Parolisi a Folignano. Vengono prelevati abiti, uno zainetto tattico, un plaid da pic-nic, una chiavetta Usb e alcuni appunti di Melania. Sequestrati anche un pc fisso e uno portatile, da cui Salvatore chattava con Ludovica, con il profilo “Vecio Alpino”.
Passati due mesi dalla morte di Melania Salvatore Parolisi viene iscritto per la prima volta nel registro degli indagati. Questo perchè nelle sue versioni dei fatti sono in seguito emersi dei punti discordanti, delle cose dette che poi si sono rivelate essere non vere.
Una delle prime “menzogne” smascherate quando è apparsa la figura di Ludovica. E’ stata lei, ascoltata a lungo dai carabinieri, a rivelare non solo la storia con Salvatore, ma anche che la loro era una vera relazione sentimentale, tanto che l’amante le aveva promesso di essere pronto a lasciare la moglie per lei. Melania aveva saputo del tradimento, aveva rimproverato il marito, e contattato Ludovica per chiederle di lasciarlo stare.
Sempre a Ludovica è collegata un’altra bugia: il telefonino dedicato a lei che Parolisi aveva riferito di aver gettato per mettersi quella storia dietro le spalle. Grazie ad un testimone casuale, il 7 giugno scorso l’apparecchio è stato ritrovato nel campo sportivo di Villa Pigna, ben protetto da cellophane, nascosto fra le frasche. ”Ero lì per raccogliere una margherita per Melania” si è giustificato Parolisi, senza considerare che quel campetto tutto e’ tranne che un prato in fiore.
Un’altra “bugia”. Parolisi sostenne di aver visto sul telefonino dell’agente di polizia penitenziaria Raffaele Paciolla le foto del luogo in cui il cadavere di Melania venne ritrovato a Ripe di Civitella. Ma Paciolla, amico e vicino di casa della famiglia Parolisi a Folignano, quelle foto non le ha mai scattate.
Una lunga serie di mancate verità tanto che anche la famiglia Rea ha progressivamente preso le distanze dal padre della piccola Vittoria: non crede più alle parole di quel ragazzo che un tempo aveva accolto come un figlio.