
Meno male che ci sono i pubblici ministeri che danno la linea: dopo il martirio e la colpevolizzazione collettiva degli italiani a causa di quei poveri clandestini annegati a Catania, un magistrato ha dato l’allarme. Non sono povere vittime della crudeltà italiana di stampo leghista, ma di bande di criminali che ne sfruttano il sogno di una vita migliore.
I pm: “C’era una nave madre”,
scrive Repubblica.it. Repubblica, organo semi ufficiale del pietismo di maniera stile Laura Boldrini e di un manipolo di sinistra da salotto, trova lo scatto su queste parole:
“I naufraghi sono in buone condizioni di salute: segno che la traversata non è stata lunga. La Procura ipotizza quindi che un’imbarcazione più grande abbia trainato il piccolo peschereccio fino alle coste della Sicilia. Tutti egiziani i sei morti: uno aveva 17 anni”.
Ora non si parla più di migranticidio, si invoca, più realisticamente, anche se sempre un po’ utopisticamente:
“Fermare i mercanti di uomini con l’aiuto di tutta l’Europa”
E Vladimiro Polchi avverte:
”In Libia altre migliaia di migranti pronti a partire”.
Completa quel pozzo di San Patrizio di nostri soldi, la Comunità Sant’Egidio:
”Migranti in fuga da Siria e Egitto”.
Sì, bene, ma a noi?…
Scrive Repubblica che
“gli extracomunitari sono provati e affamati, ma non avevano segni evidenti di avere fatto una lunga traversata in mare. Anche il piccolo di sette mesi, ricoverato e dimesso poche ore dopo un controllo nell’ospedale Garibaldi di Catania, è apparso ai medici in buone condizioni: non mostrava segni di sofferenza fisica, ma soltanto una disidratazione non grave. Il bambino è stato riconsegnato già ieri ai suoi genitori.
Due egiziani, di 16 e 17 anni, sono stati fermati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina da carabinieri e polizia nell’ambito delle indagini sullo sbarco tragico. Secondo l’accusa, facevano parte dell’equipaggio come vivandieri. Dalle indagini delle Procure distrettuale e per i minorenni di Catania è emerso che tre scafisti si sono buttati in mare, riuscendo a fuggire prima dell’arrivo delle forze dell’ordine.
“Arrivare con una nave ‘madre’ fino alla costa siciliana, senza quindi fermarsi a Lampedusa, e poi trasbordare le persone su barche più piccole, vuol dire certamente avere un’organizzazione”, dice il procuratore della Repubblica di Catania Giovanni Salvi, in un’intervista ad Avvenire. Infatti, sottolinea,
“bisogna essere capaci di superare il sistema di sorveglianza”. Inoltre, fa sapere, “ci sono già molte indagini che dimostrano contatti anche con organizzazioni criminali locali che lucrano su questo che è ormai un traffico molto significativo”. Interpellato sull’eventuale coinvolgimento di italiani, Salvi evidenzia: “C’è sicuramente anche un ruolo di basisti italiani. Ancora non sappiamo se in questo caso, ma nel passato ce ne sono stati”. Riguardo alla partecipazione della mafia, chiarisce: “Sono emersi alcuni elementi di collegamento”.
Sulla dinamica del dramma racconta: “Gli immigrati sono stati ingannati dal fatto che il barcone si è incagliato su una secca a una decina di metri dalla riva. Hanno pensato di essere arrivati mentre dopo pochi passi c’era un avvallamento e quindi chi non sapeva nuotare è caduto in questa trappola”.
Le sei vittime sono state identificate. Sono tutti giovani egiziani, di età compresa tra i 17 e 27 anni. Gli esami medici hanno confermato che sono morti per annegamento. Il minorenne avrebbe compiuto 18 anni il prossimo 25 agosto. Nessuno di loro era tra i potenziali scafisti che hanno portato fino al golfo di Catania la barca che si è poi arenata su una secca davanti al lido Verde del lungomare della Plaia”.
