MILANO – Centotrenta metri quadrati in Galleria Vittorio Emanuele a mille euro al mese: un prezzo fuori dal mondo per i comuni mortali che vogliono prendere in affitto una casa a Milano. Ma non per i fortunati che riescono ad aggiudicarsi uno degli immobili di proprietà del Comune, del Policlinico o del Pio Albergo Trivulzio: tremilasettecento tra case, negozi e locali in uso ad associazioni, con canoni fino a quattro volte più bassi di quelli di mercato.
Nei giorni scorsi, scrivono Oriana Liso e Franco Vanni, i tre enti hanno pubblicato sui siti l’elenco degli immobili, spinti dai media e dai partiti d’opposizione. Ma nessun altro dato.
L’affittopoli milanese ha le proprie origini alla fine degli anni Settanta, quando Trivulzio, Policlinico e Comune affittavano le proprie case a prezzi di equo canone con bandi aperti. I primi a sapere di questi affitti convenienti erano i primari e i dirigenti dell’ospedale, come i politici. Lo dicevano agli amici che ne facevano richiesta.
Nel 1992 arriva la legge che introduce i “patti in deroga”, secondo cui ogni ente può decidere se affittare gli appartamenti liberi a prezzi di mercato o con l’equo canone. E la seconda opzione è quella più scelta da Policlinico e Trivulzio. Il Comune decide di valutare caso per caso. Fino al 1998, quando una nuova legge prevede che l’equo canone sia sostituito da tariffe concordate fra Comune, sindacati degli inquilini e associazioni dei proprietari immobiliari. Da allora quando un appartamento si libera viene messo in affitto a prezzo “libero” definito dall’Agenzia del Territorio, per un valore che solitamente si aggira sui tre quarti del prezzo di mercato. Ma a Milano, le anomalie rimangono.
[gmap]