MILANO – Ci sono ancora aspetti da chiarire, e perfino possibili elementi inaspettati, nell'indagine sul caso di Luigi Fontana, il farmacista avvelenato con un aperitivo al cianuro da un suo amico imprenditore, Gianfranco Bona, che ha detto, una volta individuato, di averlo fatto ''per non saldare il debito che aveva con lui''. Si attende quindi l'interrogatorio di oggi previsto davanti al gip di Milano per confermare la prima versione che l'uomo, reo confesso, ha reso al pm dopo tre interrogatori.
A non convincere del tutto gli investigatori vi sono innanzitutto i rapporti economici nei prestiti 'in nero' tra la vittima e il suo presunto assassino, ma anche altri particolari sulla dinamica del tentato delitto come ad esempio se il cianuro sia stato messo solo nell'aperitivo destinato al farmacista o anche in un caffe' destinato al magazziniere del negozio.
Secondo quanto precisato oggi dalla polizia, quest'ultimo particolare e' impossibile da verificare a meno che l'uomo non cambi versione: tra quando il farmacista, subito dopo aver bevuto l' aperitivo, si e' sentito male, e il momento in cui il magazziniere ha sputato con decisione il sorso di caffe' che aveva appena messo in bocca, e' passato cosi' poco tempo che non e' chiaro se il dipendente lo possa aver fatto proprio dopo aver visto quanto stava accadendo al titolare. E le tazze ormai lavate da giorni impediscono, sul punto, di far luce tramite le investigazioni scientifiche.
