Milano: uccise la ex davanti all’asilo nido, era libero per un fax “dimenticato”

L'asilo nido poco dopo l'uccisione di Monica Morra

La morte di Monica Morra, la donna uccisa a coltellate dall’ex marito davanti all’asilo nido del figlio, si poteva e si doveva evitare. L’assassino, infatti, il giorno del delitto, avrebbe dovuto essere in carcere.

Su Massimo Merafina, quel 23 giugno 2009,  pendeva da  3 giorni un ordine di arresto emes­so dal Tribunale di Sorveglianza e comunicato via fax per l’esecu­zione alle forze dell’ordine. Ordine che non fu eseguito per un’assurda dimenticanza spiegata così dal commissariato che avrebbe dovuto procedere all’arresto: «carenza di per­sonale dal 20 al 22 giugno in concomitanza dell’impegno ai seggi elettorali di gran parte dei dipendenti del commissariato», che lunedì 21 avrebbe causato l’«indisponibilità del giro po­sta».

La storia ha dell’incredibile: Merafina, alcolizzato e violento, si stava separando dalla moglie. A suo carico due denunce per stalking, sporte appena pochi giorni pri­ma (il 17 e 18 giugno) dalla vittima. Non solo: l’uomo, 45 anni, già  condannato nel 2008 a 1 an­no e 6 mesi per detenzione d’ar­mi, stava scontando la pena in misura alternativa al carcere, affi­dato dal Tribunale di sorveglian­za  a un Servi­zio sociale.

Merafina, però, secondo quanto comunicato dagli operatori del Centro diurno «Il Girasole», aveva interrotto la terapia. Una “defezione” immediatamente segnalata dal servizio sociale alla Procura che, di conseguenza, ha subito disposto gli arresti. A questo punto c’è il buco nero d1 48 ore, quello che costò la vita a Monica Morra, accoltellata mentre aveva in braccio suo figlio di appena due anni. La Procura manda un fax che il commissariato, alle prese con le elezioni, “parcheggia” per due giorni: giusto il tempo per permettere all’omicida di colpire.

In questa sagra degli errori non si può dimenticare che la donna, formalmente, era sotto protezione della polizia. La vittima, infatti, nel 2006 aveva testimoniato contro due uomini accusati di aver sparato a suo marito. Per questo nei suoi confronti era stata disposta una “vigilanza mobile” che, evidentemente, non ha funzionato.

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Emiliano Condò