A 36 giorni dalla frana di Montaguto, che l’11 marzo scorso ha colpito la provincia di Avellino, sommergendo con fango e detriti la linea ferroviaria Roma-Lecce e la statale Foggia-Benevento, con gravi conseguenze sui collegamenti tra la Puglia e Roma, oggi il Governo ha finalmente decretato lo stato di emergenza, come reso noto dal ministro per i rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto.
La svolta si attendeva da giorni. Nel pomeriggio sul luogo della frana la visita di Guido Bertolaso. A conclusione del sopralluogo, il capo della Protezione Civile ha annunciato il ripristino della circolazione ferroviaria “entro un mese”. «Se si lavora giorno e notte, con i tripli turni come è possibile fare – ha dichiarato – in un mese saremo in grado di ripristinarla». Bertolaso ha annunciato che si lavorerà «con un gioco di squadra, non solo grazie alle imprese selezionate dalle Ferrovie, ma anche al genio militare: saremo così in grado di accorciare la tempistica togliendo il fango che ricopre la ferrovia ed evitando che ne cada altro».
Poi l’incontro del sottosegretario con il Prefetto di Avellino, i sindaci del comprensorio e i tecnici della struttura commissariale, di Anas e Ferrovie dello Stato. Pochi minuti per confermare la decisione del Consiglio dei Ministri di dichiarare lo stato di calamità per questo territorio e per coordinare gli interventi che devono consentire in tempi rapidi il ripristino dei collegamenti sulla strada statale 90 delle Puglie e sulla rete ferroviaria.
Non si attenua intanto la pressione e l’attenzione di media, politici, amministratori regionali e locali e di operatori economici sulla vicenda. Questa mattina, otto pulman sono partiti dalla Puglia con a bordo, il sindaco di Bari, Michele Emiliano, di Taranto, Ezio Stefano e di Foggia, Gianni Mongelli, insieme al Presidente della Provincia di Brindisi, Massimo Ferrarese, con destinazione Savignano Scalo e Montaguto per partecipare a una manifestazione diretta a sollecitare immediati interventi per il ripristino dei collegamenti viari e ferroviari.
È dal 2006 che il piccolo comune irpino di circa 500 abitanti vive il disagio del progressivo avanzamento del terreno verso valle. Già da allora il sindaco di Montaguto, Giuseppe Andreano, aveva lanciato l’allarme sull’alto rischio idrogeologico della linea ferroviaria. Poi il disastro, verificatosi oltre un mese fa, quando la frana è giunta a ridosso dei binari bloccando di fatto i collegamenti da e per la Regione e spezzando in due l’Italia. L’ostruzione della tratta rende ancora oggi la Puglia isolata dal resto del Paese. La denuncia della situazione era apparsa anche su Blitzquotidiano ieri 15 aprile.
Da quanto dichiarato dal commissario di governo per l’emergenza, Mario Di Biase, sul luogo della frana sono al lavoro 12 escavatori e 16 camion per rimuovere i detriti. I mezzi, suddivisi nelle località di Montaguto e del comune limitrofo I Greci, sarebbero in attività dal 2 novembre scorso, quando De Biase ha affidato la gara d’appalto per i lavori. Gli escavatori raccolgono i detriti dall’imponente massa che si sposta verso valle e li trasferiscono sui camion per poi trasportarli nei siti di stoccaggio individuati dal commissario.
Interventi ancora insufficienti per il sindaco di Montaguto, Giuseppe Andreano che replica: «Ci sono oltre 10 milioni di metri cubi di terreno in movimento, il problema non si risolve togliendo terreno ai piedi della frana ma bisogna intervenire nel cuore della frana per drenare le acque che si accumulano a monte e questo finora non è stato fatto». «Il primo intervento nella frana – ha proseguito il sindaco di Montaguto – è stato fatto dal commissario straordinario a novembre con l’affidamento dei lavori che avrebbero dovuto realizzare sette isole drenanti per fare defluire le acque del lago che si è formato a monte». Il sindaco ha sottolineato che da anni solleva il problema della necessità di intervenire in modo deciso. Prima dell’interruzione della linea ferroviaria, infatti, la frana aveva già sbarrato la statale e questo, ha sottolineato Andreano, aveva provocato «enormi disagi per la popolazione per i collegamenti viari con le scuole, gli ospedali e problemi per le attività economiche che si trovano nella zona».
Secondo i tecnici che sono sul luogo, l’attività eseguita sinora con i poteri ordinari, prima della proclamazione dello stato di emergenza, ha comportato rallentamenti soprattutto nell’individuazione proprio dei siti dove stoccare i detriti. Lo smottamento del terreno, spiegano gli esperti, prosegue verso il letto del torrente Cervaro e si trova all’incirca a 150 metri di distanza. Il rischio è che, se la frana non dovesse arrestarsi con l’invasione del letto del fiume, si creerebbe una diga che potrebbe provocare allagamenti e altri problemi per i territorio circostanti.
Anche per De Biase non basta rimuovere i detriti: «il problema sta anche nell’ intercettare tutte le sorgenti e i laghetti che si sono formati lungo il fronte e deviarle ai lati». Per intervenire efficacemente, infatti, i tecnici ritengono che sia fondamentale asciugare il terreno che é imbevuto di acqua.