
Margherita "Mara" Cagol (foto Ansa)
Svolta nelle indagini sul conflitto a fuoco in cui morirono la brigatista Margherita “Mara” Cagol e l’appuntato dei Carabinieri Giovanni D’Alfonso.
Quarantasette anni dopo il conflitto a fuoco avvenuto in provincia di Alessandria in occasione della liberazione dell’imprenditore Vittorio Vallarino Gancia, sequestrato il giorno prima, sono stati interrogati a Milano alcuni ex appartenenti alle Br.
Omicidio “Mara” Cagol, gli accertamenti del Ris di Parma
Gli accertamenti dei carabinieri del Ris di Parma potrebbero dare un nome a chi partecipò a quello che è passato alla storia come il primo sequestro di persona, delle Brigate Rosse, a scopo di autofinanziamento. L’attività investigativa fa seguito agli accertamenti scientifici cui sono stati sottoposti i reperti sequestrati all’epoca della sparatoria. Accertamenti svolti con le più moderne tecniche. Nel corso degli anni si sono fatte varie ipotesi sulla identità del brigatista che riuscì a fuggire.
Esposto presentato dal figlio di un carabiniere
A far riaprire le indagini è stato l’esposto presentato, con il tramite di un avvocato, da Bruno d’Alfonso, anche lui carabiniere, figlio dell’appuntato morto nella sparatoria del 5 giugno 1975. “E’ una questione di giustizia e di verità storica. Anche per onorare la figura di mio padre, un eroe che diede la vita per le istituzioni”, ha detto d’Alfonso dopo aver presentato l’esposto.
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