
TRAPANI – Almeno uno che paga c’è. E’ Elmi Mouhamud Muhidin, ed è in carcere a Trapani fresco di una condanna record, in primo grado, a 30 anni di carcere. Muhidin è uno scafista che è arrivato nel 2013 a Lampedusa. In quella traversata era filato tutto liscio e al momento dello sbarco aveva adottato la “classica” tecnica dello scafista: mischiarsi ai passeggeri cercando di passare per un migrante tra i migranti.
Non è andata secondo i suoi piani. Perché appena Muhidin ha messo piede a Lampedusa altri migranti lo hanno riconosciuto e hanno tentato di farsi giustizia da soli linciandolo. Per loro Muhidin era l’aguzzino, il torturatore, lo scafista che in una traversata precedente era il responsabile del naufragio del 3 ottobre, quello in cui erano morte 366 persone.
Ma il campionario degli orrori di Muhidin, come racconta Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera, è ben più vasto. Basta vedere la condanna: 30 anni per per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sequestro di persona, tratta di esseri umani e violenza sessuale. Al processo i testimoni hanno raccontato, tra le altre cose, che Muhildin ha fatto pagare i migranti due volte per attraversare il deserto. Un primo viaggio, infatti, si concluse con una rapina ai migranti da parte di un gruppo di predoni e lui chiese un nuovo pagamento.
Poi ci sono le botte, le violenze, i soprusi. Scrive Bianconi:
Come Desta Tiame, che ha rivissuto il viaggio dal Sudan e l’assalto nel deserto da parte di uomini armati di pistole e kalashnikov, arrivati a bordo di jeep e pickup . Dopo la rapina li segregarono in una casa controllata da alcuni somali, tra cui Muhidin. Il testimone l’ha indicato ai giudici: «Lui picchiava, “mandate soldi”, e quando paghiamo noi usciamo» ha raccontato, aggiungendo che per uscire dalla casa e ripartire verso la Libia dovette pagare 3.300 dollari facendo vendere alla madre i suoi gioielli: soldi versati dalla donna in Eritrea e poi pagati ai trafficanti in un altro Paese (in quel caso in Israele) da un corrispondente del primo «cassiere»; sistema ben collaudato, che garantisce trasferimenti di denaro sicuri e senza tracce.
Un altro migrante, Natnael Hale, ha ricordato che Muhidin «mi ha picchiato» finché qualcuno non ha pagato per la prosecuzione del viaggio e così altri che l’hanno pure indicato tra coloro che portavano fuori dagli stanzoni le donne che dovevano essere violentate dai carcerieri. I pestaggi con manganelli e tubi di plastica, per ordinare nuove telefonate ai parenti con la richiesta di spedire i soldi al più presto, si alternavano con l’unico pasto giornaliero, un piatto di riso.
