ROMA – Chi aspetta di finire sotto lampada e attrezzi del dentista non è un “pubblico”, perciò per la musica in sala d’attesa il dentista non deve pagare i diritti d’autore.
Lo ha stabilito la Corte Europea di Giustizia con una sentenza, mettendo finalmente pace alle polemiche scoppiate in Italia e in Irlanda, dopo le proposte della Corte d’Appello di Torino e della High Court irlandese per gli hotel.
In Italia erano finiti nel mirino i dentisti e l’abitudine di accendere la musica mentre i pazienti aspettano. Troppo pochi quelli in attesa, seduti sulle poltroncine all’interno di una stanzetta e non di una platea: così la Corte ha “salvato” i dentisti dal pagare i diritti d’autore per la playlist scelta a lavoro.
“I clienti si recano presso uno studio dentistico allo scopo di ricevere delle cure, ed è solo in maniera fortuita e indipendentemente dai loro desideri che beneficiano di un accesso a determinati contenuti musicali”, scrivono i giudici.
Se l’elemento importante è il numero di persone, il caso è diverso per gli hotel: “I clienti di uno stabilimento alberghiero sono in numero assai rilevante, tale da poter essere considerato come un pubblico” e la diffusione musicale in un albergo riveste un carattere di lucro, in quanto “costituisce una prestazione supplementare che influisce sulla categoria dello stabilimento e dunque sul prezzo delle camere”: è quindi “suscettibile di attirare un numero ulteriore di clienti interessati a tale servizio supplementare”.
