Napoli: divieto di pernacchia in consiglio comunale

NAPOLI – Divieto di pernacchia in consiglio comunale a Napoli. Lo stabilisce un ordine di servizio firmato dalla dirigente Enrichetta Barbati e inviato ai 150 dipendenti del consiglio comunale di Napoli.

Nel testo, datato 25 giugno, non si parla espressamente di pernacchia ma di “urla e versacci” con cui i dipendenti dei gruppi consiliari “sono usi apostrofarsi”, con gesti (e qui l’immagine della pernacchia prende forma in chi legge l’ordine) “di aperto dispregio del delicato lavoro a cui sono tenuti i consiglieri comunali nell’esercizio delle loro prerogative politico costituzionali”.

Marco Demarco sul Corriere della Sera cita tre famose pernacchie cinematografiche: quella di Totò, rivolta a un gerarca fascista e al suo capo nazista ne I due caporali; quella contro il potente di turno fatta da Eduardo De Filippo ne L’oro di Napoli; quella di Alberto Sordi ne I Vitelloni, verso i “Lavoratooriiii” che poi si vendicheranno di lì a breve.

Bene, delle tre pernacchie quella che si sente negli ultimi consigli comunali partenopei apparterrebbe alla famiglia meno “nobile” e meno napoletana, ovvero quella di Sordi. Non uno sberleffo di popolo contro i potenti, ma lo scherno di un fannullone.

Succede che gli ultimi provvedimenti contro l’assenteismo approvati dal Consiglio non abbiano riscosso grandi consensi fra i dipendenti comunali. Misure che, racconta Demarco

“hanno minato più di una rendita di posizione, come quella del vigile urbano che tra ferie e permessi sindacali riusciva a lavorare non più di cinque giorni al mese […] Onde evitare equivoci, comunque, l’ordine di servizio napoletano, come Antonio Fiore sul Corriere del Mezzogiorno, è stato «regolarmente prrrrrotocollato»”

La pernacchia di Totò ne "I due caporali"
La pernacchia di Eduardo De Filippo ne L'oro di Napoli
Alberto Sordi ne I Vitelloni (la pernacchia si sente fuori campo)
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