ROMA – Il sottocomando violento dei Nocs e il caso Soffiantini. Uniti da un unico filo rosso fatto di depistaggi e silenzi, condito con la morte sospetta di un agente di polizia. L’inchiesta del quotidiano Repubblica sulla violenza di alcuni agenti del nucleo operativo centrale di sicurezza della Polizia di Stato ha permesso di rispolverare un fatto vecchio di 14 anni non approfondito da indagini e sul quale (lo dice una sentenza della Corte d’Aassise di Roma) ci sono stati depistaggi da parte degli stessi agenti Nocs.
Il 17 ottobre 1997 la polizia tenta un blitz per liberare Giuseppe Soffiantini dai suoi sequestratori. L’imprenditore era stato rapito il 17 giugno di quell’anno. L’operazione avviene sulla Roma-Pescara vicino Riofreddo, ma fallisce. L’idea è quella di attirare i sequestratori con una finta consegna del riscatto. I sequestratori arrivano sul luogo dell’appuntamento ma uno di loro sente un fruscìo tra gli alberi e capisce che si tratta di un agguato. Inizia una sparatoria e a terra finisce l’agente scelto Samuele Donatoni. Ucciso dai sequestratori, dirà la sentenza del 2000 del processo che condannò i 19 della banda anche per concorso morale in omicidio.
Nel 2005 però arriva un’altra verità . La Corte D’Assise di Roma assolve il ventesimo componente della banda ma stabilisce che il colpo che uccise Donatoni venne sparato da dietro e a bruciapelo. Insomma, si trattò di fuoco amico. La sentenza (confermata in secondo grado e in Cassazione) arriva anche un’inquietante conclusione: le forze dell’ordine fecero una notevole azione di inquinamento probatorio. Le indagini, in sintesi, per i giudici vennero volutamente depistate secondo un patto tra gli agenti che quel giorno di ottobre del ’97 tentarono di liberare Soffiantini.
Quattordici anni più tardi arriva l’inchiesta sui Nocs violenti. Sulla stampa, dopo la denuncia di una delle vittime, finiscono le foto degli episodi di nonnismo avvenuti nella caserma di Spinaceto. L’agente spiega a Repubblica che “da anni nei Nocs regna un gruppo di agenti che aggredisce e vessa reclute e sottoufficiali”.
Ora, tutti i membri di questo “sottocomando violento” erano a Riofreddo il 17 ottobre ’97. C’era, ad esempio, Nello Simone, considerato dalla sentenza della Corte d’Assise uno dei depistatori del primo processo. Dichiarò il falso in quel processo e venne smentito da un testimone: l’allora dirigente della Criminalpol Nicola Calipari, ucciso nel 2005 in Iraq durante la liberazione della giornalista Giuliana Sgrena, anche lui ucciso da fuoco amico.
Il filo rosso che lega il caso Soffiantini ai Nocs violenti è ora in mano agli uomini incaricati dal capo della polizia, Antonio Manganelli, di condurre un’inchiesta interna su questo “sottocomando”. Le domande che si stanno facendo sono queste: quali segreti custodiscono Simone e gli altri per mettere in piedi il loro strapotere? Chi o cosa coprono?
