Mohammed Saleem non accettava lo stile di vita che voleva condurre la figlia che vestiva all’occidentale e frequentava un ragazzo italiano. La Corte ha confermate anche le condanne a 17 anni nei confronti dei cognati di Hina, Khalid Mahmood e Zahid Mahmood, che hanno aiutato il padre a compiere il delitto.
Il 5 dicembre 2008 la Corte d’Assise d’appello di Brescia aveva condannato a 30 anni di carcere. La prima sezione penale della Cassazione, presieduta da Giovanni Silvestri, ha rigettato tutti i ricorsi presentati dalle difese. Anche il pg della Cassazione, Francesco Lo Voi, aveva chiesto la conferma delle condanne ritenendo l’omicidio di Hina un delitto premeditato compiuto «con la volontà di sopraffazione della vittima come se la figlia appartenesse al padre».
Il fidanzato della giovane uccisa, Giuseppe Tentini, ha chiesto il risarcimento danni per la perdita di Hina. I supremi giudici hanno riconosciuto alla parte civile un risarcimento delle spese per 3 mila euro.