L’unico particolare certo è che l’assassino, uomo o donna che sia, sia entrato dalla porta principale e che sia stata proprio Marcella ad aprirgli. Tra le 12.15 e le 13.15 dello scorso 3 febbraio la donna era, infatti, a casa da sola con la figlia Giada, di 14 mesi. Nessuno dei vicini pare aver visto o sentito nulla di strano, nonostante fosse pieno giorno. Particolare ancor più singolare, Luna, il cane lupo che sorvegliava la casa, non avrebbe abbaiato, probabilmente perchè conosceva l’assassino.
Il dettaglio, in un primo tempo, aveva fatto del compagno della donna, Francesco Vincenzi, di 36 anni, l’indiziato principale. Ma l’ex giocatore di rugby, che gestisce il Bar all’Angolo del paese ed figlio di un sottufficiale dei carabinieri, ha dimostrato di avere un alibi di ferro: al momento del delitto era, infatti, a casa della madre che – siccome Marcella non sapeva cucinare – gli aveva preparato una pentola di minestrone. I filmati delle telecamere di un supermercato e una serie di scontrini provano senza ombra di dubbio che non si trovasse sulla scena del delitto.
Non è stato lui, quindi, a lottare sul letto con Marcella e a sferrare le coltellate che l’hanno uccisa. Quindici colpi inferti da una lama liscia lunga 15 centimetri: quattordici sul volto, sulle braccia, sull’addome e sui fianchi e l’ultima, mortale, che ha reciso la giugulare della donna. Per questo, i carabinieri stanno battendo ogni pista: finora hanno interrogato una settantina di persone e a ognuna di loro hanno sequestrato il paio di scarpe che aveva ai piedi per confrontarle con le impronte ritrovate in quella casetta di periferia che si affaccia su via dei Latini, in cui la Rizzello viveva. Da qui, i ripetuti e lunghi interrogatori agli amici, vecchi e nuovi, e agli ex-fidanzati della giovane donna, tra cui il pm Renzo Petroselli spera ora di trovare qualche sospetto. Un indizio potrebbe arrivare anche dalle tracce ematiche rinvenute dai carabinieri del Ris sotto le unghie della donna, ora in fase di analisi.