”Non l’ho ucciso io. Il mio amico Donald Sacchetto si รจ suicidato. Non avrei avuto alcun motivo per ammazzarlo. Anche pochi minuti prima della tragedia io e lui scherzavamo allegramente, andavamo d’accordo”. Oggi, per circa 7 ore e mezza, l’imprenditore 29enne Simone Rossi di Ardenno (Sondrio), in carcere a Monza da oltre un anno, ha risposto alle innumerevoli domande dei pm Fabio Napoleone e Stefano Latorre al processo a suo carico che si sta celebrando in Corte d’Assise a Sondrio per la tragica fine del 36enne operaio valtellinese.
Sacchetto sparรฌ da casa la notte del 16 maggio 2009 dopo la sua festa di compleanno e i suoi resti vennero rinvenuti nella cava di Ardenno di proprietร della famiglia del giovane ora accusato di omicidio volontario, distruzione e occultamento di cadavere, spaccio di cocaina e porto abusivo di arma da fuoco.
”Io per paura ho bruciato in parte il suo corpo seppellendone il cadavere nella mia cava – ha ammesso l’imprenditore del settore marmi Simone Rossi che prima di essere interrogato aveva reso spontanee dichiarazioni per circa un’ora e mezza fornendo la sua ricostruzione dei fatti -. L’ho occultato nel deposito di inerti perchรจ temevo che nessuno mi avrebbe creduto sul fatto di non averlo ammazzato io, ma รจ la veritร : lui si รจ sparato, pochi istanti dopo avermi sottratto la pistola di sua proprietร che durante la festa mi aveva provvisoriamente consegnata affinchรฉ la tenessi nascosta nei miei pantaloni. Non sono un assassino. E il corpo รจ stato fatto a pezzi non certo dal sottoscritto, ma dagli escavatori fatti intervenire dai carabinieri che indicavano i punti in cui scavare”.
