La morte per Covid della 28enne di Santa Maria Capua Vetere non vaccinata, deceduta pochi giorni dopo il parto, fa crescere l’allarme sulle donne incinte che rifiutano di farsi vaccinare per paura di effetti collaterali sul feto. Le conseguenze, come hanno sottolineato i medici, possono essere gravi. Ad alimentare la polemica contribuiscono anche gli operatori sanitari dei centri vaccinali. Uno degli ultimi casi si è verificato a Venezia, nell’hub di piazzale Roma.
Come racconta il Corriere del Veneto, a una donna al terzo mese è stato negato il vaccino, perché sprovvista dell’attestazione del ginecologo che la segue. Una procedura che non è un caso isolato.
Non ci sono indicazioni ufficiali da parte del ministero della Salute, delle Asl e delle Regioni in tal senso. “Non esiste un documento scritto, è una decisione che abbiamo maturato noi vaccinatori – spiega l’operatore sanitario al centro dell’episodio -. Non c’è ancora una letteratura scientifica consistente sugli effetti che l’anti-Covid potrebbe sortire nelle gestanti e nel feto, quindi prima di somministrarlo dobbiamo stare molto attenti e conoscere bene lo stato di salute della paziente. In caso di eventi avversi, la responsabilità è nostra”. La futura mamma è poi stata poi vaccinata il giorno dopo, quando si è presentata con la certificazione del suo ginecologo.
Un episodio che però ha alzato un polverone, in particolare nell’associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani (Aogoi) che ritiene responsabili gli operatori sanitari dei centri vaccinali dell’anamnesi prima della somministrazione del vaccino. I ginecologi ritengono necessario vaccinare le donne incinte fin dai primi mesi di gestazione, in una fase molto delicata dove si è più esposti al rischio di gravi conseguenze una volta che si è colpiti dal Covid. Anche l’ordine dei medici ritiene errato rifiutare di vaccinare persone in stato di gravidanza perché non fornite di certificazione da parte del ginecologo curante.
“Trovo abbastanza strano – ha detto Francesco Noce, presidente regionale dell’Ordine dei Medici – che i colleghi vaccinatori abbiano concordato tra loro di non somministrare l’anti-Covid alle donne incinte senza un certificato del ginecologo. Non l’ho mai sentito da nessuna parte, anche perché è assurdo costringere la paziente ad andare dallo specialista e poi a tornare all’hub, facendole fare una spola tra strutture sanitarie che la espone al pericolo di contagio. Non esiste norma o circolare che attesti lo stato di gravidanza come motivo per ritardare l’assunzione dell’anti-Covid. E poi dev’essere il medico vaccinatore, nel momento dell’anamnesi, a chiedere alla gestante lo stato di salute e se abbia avuto problemi o eventi avversi con altre vaccinazioni”.