ROMA – I pubblici ministeri dell’inchiesta P4, Francesco Curcio e Henry John Woodcock, insistono che la rete di Bisignani e Papa è una vera e propria associazione a delinquere. Per questo hanno presentato un ricorso al tribunale del Riesame, visto che il giudice per le indagini preliminari, arrestando Bisignani e inoltrando alla Camera la richiesta d’arresto per Papa, ha motivato le sue disposizioni per il reato di rivelazione di notizie coperte da segreto e favoreggiamento. Insomma il Gip non ha riconosciuto un’associazione che aveva un obiettivo criminale, ma solo singoli episodi non collegati tra loro, cosa che rende inutilizzabili molte intercettazioni dell’onorevole Papa.
Il ricorso verrà discusso il 22 luglio. I due pm insistono perché possano essere utilizzate nell’indagine anche le intercettazioni di Papa che, essendo un deputato, non può essere direttamente intercettato. Ma le utenze che contatta invece sì e per questo i magistrati vogliono poter utilizzare le cosiddette “intercettazioni indirette”.
I protagonisti della vicenda usano il telefonino in maniera accorta, ma non è bastato: in tutto 5 diverse utenze, sempre intestate ad altre persone, spesso extracomunitari. Cambiate tutte il 25 ottobre 2010, ossia quando a Bisignani e Papa è arrivata la notizia che erano sotto intercettazione. Un sistema il loro, che prevedeva alcuni “giretti” di Papa a Napoli ogni settimana per raccogliere informazioni dalle sue fonti che l’inchiesta ha identificato nel maresciallo Enrico La Monica e nel poliziotto Giuseppe Nuzzo.
Papa poi riferiva a Bisignani e quest’ultimo teneva i contatti con i politici. Informazioni riservate sulle inchieste, ma anche materiale scottante per ricattare, continuano i due pm, alcuni imprenditori.