P4, Riesame: torna l’associazione a delinquere, si aggrava posizione di Bisignani e Papa

NAPOLI – Secondo il tribunale del Riesame, nella vicenda P4 ci sono sufficienti elementi a sostenere l’accusa di associazione per delinquere contestata dai pm di Napoli. Il tribunale  ha quindi depositato l’ordinanza accogliendo la richiesta dei pm Henry John Woodcock e Francesco Curcio relativa alla sussistenza del reato associativo (il gip infatti nelle ordinanze di custodia aveva escluso tale ipotesi).

Il provvedimento riguarda, tra gli altri, l’uomo d’affari Luigi Bisignani, attualmente agli arresti domiciliari, e il deputato del Pdl Alfonso Papa che e’ detenuto nel carcere di Poggioreale.

In particolare, il tribunale del riesame ha accolto il capo A della richiesta dei pubblici ministeri Francesco Curcio ed Henry John Woodcock, quello in cui si sostiene che Bisignani, Papa e La Monica ”promuovevano, costituivano e prendevano parte (unitamente ad altri soggetti appartenenti alle forze di polizia in corso di identificazione) ad un’associazione per delinquere, organizzata e mantenuta in vita allo scopo di commettere un numero indeterminato di reati contro la pubblica amministrazione e contro l’amministrazione della giustizia”.

I tre, secondo la procura di Napoli, avrebbero acquisito sia ”notizie ed informazioni riservate e segrete inerenti a procedimenti penali in corso” sia ”notizie ed informazioni inerenti a ‘dati sensibili’ e strettamente personali e riservati, riguardanti in particolare esponenti di vertice delle istituzioni e alte cariche dello Stato”. Notizie che ”venivano utilizzate in modo indebito” per ”commettere una serie indeterminata di delitti di favoreggiamento”, per ”ottenere denari, favori e utilita”’ da imprenditori coinvolti nelle indagine e per ”infangare ovvero per poter poi ricattare ed esercitare indebite pressioni sui medesimi esponenti delle istituzioni”.   Ed inoltre Papa, Bisignani e La Monica, concludono i pm nel capo di imputazione, ”promuovevano e partecipavano ad una struttura associativa vietata dall’art. 18 della Costituzione, in seno alla quale venivano svolte attivita’ dirette ad interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubblica – e in particolare della giustizia – anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici, anche economici, nonche’ di servizi pubblici essenziali anche di interesse nazionale”.

Nell’ordinanza, infine, il tribunale del Riesame ha accolto anche la richiesta contenuta nel capo B della richiesta dei Pm (tentativo di corruzione), ma solo nei confronti di Bisignani e Papa, e quella nel capo V (ricettazione delle schede telefoniche), per tutti e tre.

Il Riesame di Napoli nella sua ordinanza ha disposto, come richiesto dai pm, la detenzione in carcere per gli indagati nella vicenda P4: il parlamentare del Pdl Alfonso Papa (che è già detenuto per gli altri reati a lui contestati), nonché per l’uomo d’affari Luigi Bisignani – attualmente agli arresti domiciliari nell’ambito di questa inchiesta – e per il carabiniere Enrico La Monica che e’ latitante in Africa.

Per quanto riguarda Bisignani l’esecuzione della misura però è sospesa fino al pronunciamento della Cassazione in quanto i legali hanno giàannunciato il ricorso. Per Papa, invece, se il provvedimento del Riesame dovesse essere confermato anche negli altri gradi, si renderebbe necessaria una nuova pronuncia del Parlamento che gia’ nelle scorse settimane ha concesso l’autorizzazione all’arresto per gli altri reati contestati al deputato.

Gli avvocati di Papa: “Ce l’aspettavamo”.  ”Una decisione piu’ che naturale, in un certo senso attesa”. Cosi’ Giuseppe D’Alise, uno degli avvocati del parlamentare del Pdl Alfonso Papa, in carcere nell’ambito dell’inchiesta sulla P4, commenta la decisione del Riesame che ha accolto la richiesta dei pm di Napoli ravvisando anche l’associazione a delinquere, inizialmente esclusa dal gip, nei confronti del suo assistito.

”Era ovvio – dice il legale all’ANSA – che una volta che il Riesame aveva rigettato le istanze sia di Bisignani che di Papa accogliesse la tesi accusatoria. Ci riserviamo di leggere le motivazioni per proporre ricorso in Cassazione. Ripeto – conclude D’Alise – era intuibile che avrebbero accolto l’appello del pm”.

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Emiliano Condò