PADOVA – In altre parti d’Europa o del mondo, come l’Inghilterra o gli Stati Uniti, l’etichetta di location turistica gay friendly è, da anni, un’abitudine consolidata. In Italia, invece, l’iniziativa del Consorzio di promozione turistica di Padova (Cpt) di lanciare, a partire dal prossimo anno, il “bollino gay friendly” sulla porta d’entrata degli esercizi commerciali, continua a far discutere. Per alcuni una buona notizia sulla via dell’integrazione e della lotta all’omofobia, per altri un provvedimento adottato per motivi essenzialmente commerciali, di dubbia utilità, se non addirittura penalizzante nei confronti delle coppie omosessuali.
«L’idea» ha spiegato in sede di presentazione Etta Andreella, del Cpt «è quella di creare un marchio da esporre nei locali in grado di garantire una certo livello di ospitalità anche alla clientela omosessuale». Padova, già da tempo meta privilegiata per le coppie gay, che all’ombra della basilica di Sant’Antonio trovavano una buona quantità di locali dedicati e una importante festa (il Padova Pride Village), si candida così alla consacrazione come capitale italiana del turismo omosessuale.
Una direzione che non può che entusiasmare l’Arcigay, che per bocca del segretario regionale (e assessore comunale) Alessandro Zan ha espresso la propria soddisfazione: «Padova si conferma una tra le città più moderne d’Italia. Ho grande fiducia in questa iniziativa perché, è evidente, l’accoglienza e il rispetto sono ormai nel dna dei padovani».
Ma l’introduzione del “bollino” non poteva, ovviamente, far contenti tutti. Tralasciando la polemica politica, che ovviamente ha cavalcato la notizia, i primi a mostrarsi scettici sono stati – un po’ a sorpresa – i commercianti padovani, riuniti sotto le insegne della Ascom Confcommercio locale. Per loro c’è il rischio che si tratti di un provvedimento inutile che, oltretutto, rischia di indurre a pensare che nell’epoca pre-bollino si verificassero delle discriminazioni sessuali negli esercizi di Padova.
Ferdinando Zillio, presidente provinciale Ascom, è freddo: «Prendiamo atto dell’iniziativa. Sentiremo cosa ne pensano gli operatori del settore, ma mi interrogo sull’utilità della cosa». Più piccato il commento di monsignor Franco Costa, direttore dell’ufficio scuola della Curia locale: «Rispettare tutte le persone, al di là del loro orientamento, è un conto, ma perché scriverlo fuori dai negozi? Allora bisognerebbe che venga precisato che anche i preti sono i benvenuti. Secondo me tutto ciò rema contro una reale integrazione dei gay».
Ed in effetti proprio questo sembra essere uno dei punti cruciali del dibattito: il varo del “bollino” accelererà l’integrazione o, piuttosto, finirà per ghettizzare gli omosessuali, confinandoli all’interno di determinate aree? Per conoscere la risposta non resta che attendere. Anche perché i promotori dell’iniziativa, di tornare indietro, non vogliono proprio saperne.