Si è aperto a Padova il processo che dovrà chiarire se don Paolo Spaladore è padre di un bambino di otto anni. Una donna di 50 anni, conosciuta con il soprannome “Pimpy”, chiede infatti che suo figlio venga riconosciuto come figlio del sacerdote. Alla prima udienza il sacerdote ha però deciso di non costituirsi in giudizio. “Padre rock”, così è soprannominato, ha deciso di non esporsi. Anche perché il Tribunale ecclesiastico della Diocesi ha ultimato l’indagine prevista in questi casi dal codice di diritto canonico e sarebbe sul punto di prendere una decisione sul comportamento posizione del sacerdote.
Don Paolo è infatti conosciutissimo nel padovano. Quando era parroco nella chiesa di San Lazzaro, alle sue messe partecipavano centinaia di fedeli, attratti dal grande carisma che il religioso esercitava. E in una di queste occasioni, il sacerdote avrebbe conosciuto “Pimpy”. Tempo fa, il sacerdote si era sottoposto all’esame del Dna clinico per accertare se il bambino della donna fosse affetto da patologie ereditarie. Il test accerterebbe che il padre è don Paolo, ma può essere usato solo come indizio, non come prova processuale.
È molto probabile che ora Maria Teresa Rossi, giudice del tribunale dei minori che si occupa del caso, ora possa chiedere al religioso di sottoporsi a un nuovo test del Dna. Se si dovesse rifiutare, il tribunale deciderà sulla base degli atti. Don Paolo aveva battezzato il neonato quando era all’interno dell’incubatrice ed esistono diverse ricevute di pagamento fatte dal sacerdote a “Pimpy” per il mantenimento del piccolo. Le foto dimostrano inoltre che esiste una somiglianza tra “Padre rock” e il bambino.
