Buttò il figlio di 16 mesi nel Tevere, condannato a 30 anni: non sono troppi

Patrizio Franceschelli

ROMA – Patrizio Franceschelli è quel papà che, dopo un litigio con la mamma di suo figlio, strappò di peso il bambino dalle braccia della nonna e lo portò su Ponte Mazzini a Roma. Era il 4 febbraio, in città era arrivata una nevicata come non se ne vedevano da tempo. C’era il gelo, insomma, e Patrizio, questo papà, buttò il suo bambino di 16 mesi nel Tevere. Ci volle un mese e mezzo perché il corpo venisse ritrovato, a Fiumicino. Martedì il giudice ha stabilito che Patrizio Franceschelli, questo papà, dovrà scontare in carcere 30 anni.

Sono tanti? Sono pochi? Non sono troppi, questa è la sensazione. Sono quello che un processo celebrato con rito abbreviato poteva dare in caso di condanna. Un rito più breve del normale, celebrato in base alle prove raccolte in fase di indagine. Lo Stato risparmia tempo (a giudicare è il giudice dell’udienza preliminare) e l’imputato ottiene uno sconto di un terzo. Di fronte a questa vicenda, qualcosa di troppo grande per racchiuderla in parole, c’è quindi una sentenza che ha cercato di mettere in ordine i fatti. Trent’anni per omicidio volontario aggravato dal vincolo di parentela. Il pubblico ministero aveva chiesto per l’uomo la stessa pena.

Queste le motivazioni tecniche, poi ci sono quelle di una famiglia disperata, di una nonna che dal 4 febbraio rimpiange di non aver lottato abbastanza per trattenere in braccio quel bambino di 16 mesi che a stento parlava e camminava. C’è la rabbia di una madre contro la quale è stata consumata la più crudele delle vendette: per colpire te, uccido tuo figlio, nostro figlio.

C’è il mistero insondabile dell’animo di quest’uomo. Un uomo giovane, padre a 25 anni, che dal giorno dell’omicidio chissà se avrà messo in ordine i pensieri e le azioni di quel 4 febbraio dandosi una spiegazione, una giustificazione, un perché qualsiasi. Ci sono i perché dei singoli, ai quali è impossibile rispondere, poi ci sono i fatti, la cronaca, le prove di un processo. E quei 30 anni di condanna che davvero, in questo caso, non sono troppi.

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Alessandro Avico