Non è stato l’emissario delle banche inviato per privarli della compagnia: ”Non è così, ovviamente – dice – Che queste accuse arrivino da Jonella e Giulia, che non hanno la più pallida idea di che cosa parlano, è sintomatico”.
”Alla famiglia dissi: purtroppo la crisi è qualcosa che è più grande di noi, non siamo più in grado di gestirla. E provammo altre strade per recuperare patrimonio, visto che sapevo che per la famiglia l’aumento di capitale era l’extrema ratio”.
Allora ”cercammo di vendere pezzi di società, e cercai soci esteri: ma nessuno voleva sentire parlare di rischio-Italia in una Fonsai che aveva 30 miliardi di Btp in pancia. Fu l’Isvap che ci obbligò all’aumento di capitale, perché eravamo sotto i limiti regolatori e non ci lasciava ancora tempo. Pensare altro è la solita teoria del complotto”.
Lì, aggiunge, ”ci fu la rottura, di fatto mi diedero del traditore perché capirono che avevo preso una strada per loro molto complicata. Ma anche in quel contesto la famiglia ebbe la possibilità di trovare soluzioni alternative”. Quanto alle accuse di aver fatto diventare azionista il fondo Amber, che subito dopo ha denunciato le operazioni tra la compagnia e i Ligresti, dando vita all’inchiesta, ”per me – dice Peluso – la denuncia sulle operazioni con parti correlate fu un fulmine a ciel sereno. Evidentemente Amber voleva forzare una situazione e ha scelto quella strada legale. Ma nessuno è mai entrato in Fonsai con l’ottica che dice adesso la famiglia”.