Pisticci, il padre di una delle minorenni violentate dal branco: "Per il suo bene spero in condanna esemplare" (Foto Ansa)
“Pentitevi e vergognatevi per quello che avete fatto. Solo così potete aiutare le vostre famiglie, la giustizia, e attenuare in qualche modo il nostro dolore. Per il bene di mia figlia spero in una condanna esemplare”: l’appello arriva dal padre di una delle due quindicenni inglesi stuprate dal branco a Marconia di Pisticci (Matera).
Intervistato dal Corriere della Sera, l’uomo, ricostruisce come è venuto a sapere dell’accaduto, da una figlia distrutta.
Lui era originario proprio di Marconia di Pisticci. Da lì quarant’anni fa, a 15 anni, era partito per raggiungere il Regno Unito in cerca di lavoro. Oggi è proprietario di una catena di alberghi.
E proprio nel Regno Unito si trovava quando ha saputo della violenza di gruppo di cui erano state vittime la figlia e una sua amica lo scorso 6 settembre.
“Ero in Inghilterra, mia figlia grande al telefono cercava di raccontarmi e a malapena riusciva a parlare. Mi diceva frasi strane che non capivo. Piangeva, era sconvolta. Le dicevo: cosa è successo? E lei balbettava, senza darmi una risposta. Poi mi ha chiamato mio fratello e mi ha accennato a quanto accaduto. Mi è cascato il mondo addosso”.
Subito dopo lui ha raggiunto la figlia all’ospedale Madonna delle Grazie di Matera. La prima cosa che le ha detto è stata: “Sii forte. Mia figlia è una ragazzina molto forte, energica, intelligente. Spero davvero che riuscirà a riprendersi al più presto”. Ma adesso è presto: “Aveva un sorriso più luminoso delle stelle. Adesso non ce l’ha più”.
Parlando degli aguzzini della figlia dice: “Sono degli sbandati, dei delinquenti. Ecco perché dico loro di pentirsi, come ha chiesto anche l’arcivescovo di Matera-Irsina nella messa celebrata domenica a Marconia. Per questi giovani potrebbe essere l’occasione di chiudere con il passato e ricominciare una nuova vita. Adesso le loro famiglie, la comunità, le istituzioni devono aprire gli occhi e accorgersi per tempo del malessere che c’è in questi giovani di Marconia“.
Lui, comunque, tornerà nel suo paese d’origine: “Ho avuta tanta solidarietà dai miei compaesani. Mi hanno detto: ‘Non devi giudicarci tutti allo stesso modo’. È una vicenda terribile, una ferita devastante: temo che non si rimarginerà mai. La prima cosa che mi sono sentito dire dai poliziotti quando sono arrivato in ospedale è stata: ‘Stia tranquillo, sarà fatta giustizia’. Mi auguro di non restare deluso. Per il bene di mia figlia spero in una condanna esemplare”. (Fonte: Corriere della Sera)