«Penso che soprattutto le aziende private, le piccole e medie imprese, possano guardare al di là dei parametri tradizionali. Non sempre è il modello del primo della classe a essere vincente. Spesso arrivare da una famiglia disagiata, l’aver affrontato difficoltà economiche, ti dà una marcia in più», aggiunge Todini.
Eppure non sono tutti d’accordo. Claudio Ceper, senior partner di Egon Zehnder, dice il contrario: «Le grandi società di consulenza non prendono in considerazione chi si è laureato con meno di 110 nei tempi e non abbia fatto una o due esperienze all’estero. Del resto i risultati si vedono: i vari Passera, Colao e Profumo sono tutti ex McKinsey».
Federica Guidi, presidente dei Giovani di Confindustria, rilancia: «Meglio nessuna laurea e tanta buona volontà unita all’esperienza sul campo. Un perito meccanico e un ragioniere hanno più senso di un laureato in Scienza della comunicazione. Ci vuole l’apprendistato, piuttosto che vegetare su corsi fantasiosi».