ROMA – L’attivo di bilancio, 800 milioni, è di quelli da far sorridere anche i manager più pretenziosi, specie in tempi di crisi: Poste italiane però riorganizza e ristruttura. E si prepara a tagliare 1700 posti di lavoro. A scriverlo è il Fatto Quotidiano in un pezzo a firma di Chiara Merico. Nel mirino dell’azienda ci sarebbero 1756 dipendenti di cinque regioni italiane, la Toscana, l’Emilia Romagna, Piemonte, Marche e Basilicata.
E si tratterebbe di dipendenti, secondo quanto denunciano i sindacati, impiegati nel settore “recapito”, ovvero di postini. Tutto, però, legato alla situazione di bilancio di Poste. Perché se utili e ricavi sono sostanzialmente stabili dal 2010 a oggi, a guardare le singole voci di bilancio il quadro è diverso. Poste cresce quanto a servizi finanziari e assicurativi (ovvero Bancoposta e Postepay) mentre continuano a calare (nel 2011 -5%) gli introiti da servizi postali.
Così, spiega il Fatto: “A finire nel mirino del piano “Interventi Servizi Postali – impatti previsti per il 2012”, sono stati, quindi, proprio i portalettere: la regione più colpita è la Toscana, con 600 dipendenti in esubero, di cui 130 nel Centro di meccanizzazione postale di Pisa, che sarà parzialmente chiuso. Il 2 maggio il Consiglio regionale toscano ha approvato all’unanimità due mozioni che esprimono solidarietà ai lavoratori coinvolti. Seguono l’Emilia Romagna, dove i tagli previsti sono 432, e a ruota le altre regioni”.
I sindacati, ovviamente, protestano e parlano di “licenziamenti mascherati” e immotivati. Per i Cobas, per esempio, ” i bilanci positivi sono indiscutibilmente frutto dell’apporto, non affatto trascurabile, degli addetti al recapito e del rapporto che i portalettere, negli anni, hanno instaurato con la clientela”.